Gesu di nazareth

Via, Verità, e Vita

Chi è Gesù per te?

Gesù per me è


 Vai alla pagina 


Altri siti web

Padre Pio

da

Pietrelcina


Una delle più grandi anime mistiche della Cristianità


 Padre Pio 


Questo sito web è curato da Donato Calabrese, storico di Padre Pio da Pietrelcina 




Telebene

la Televisione

Spirituale


 TELEBENE 



















































Torna alla


HOME PAGE



Il Vangelo della Domenica

VANGELO DI DOMENICA 28 APRILE 2024

V DOMENICA DI PASQUA

(Vangelo di Giovanni 15,1-8)

 

   “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.


 Per rappresentare il rapporto tra Dio e l’uomo, lo scrittore sacro ricorre anche ad immagini simboliche, figurate, tratte dalla natura e dal mondo Palestinese. Lo abbiamo visto insieme la scorsa settimana, quando ci siamo trovati di fronte all’immagine biblica del Buon Pastore preannunciata dai profeti e realizzata appieno da Gesù, nel corso della Sua Missione.  

   Gesù fa un largo uso di parabole e similitudini per raffigurare in modo semplice e comprensibile questa tormentata, e insieme, fondamentale storia tra Dio e l’uomo. È una spiccata caratteristica della sua predicazione e la possiamo riscontrare anche nel Vangelo di questa V domenica di Pasqua.  

   Nel linguaggio biblico, l’immagine della vigna è utilizzata per indicare il popolo di Dio, Israele, come appare limpidamente nelle parole del salmista: “Hai divelto una vite dall'Egitto, per trapiantarla hai espulso i popoli. Le hai preparato il terreno, hai affondato le sue radici e ha riempito la terra”. Alla luce di questa figura calzante, l’alleanza tra Dio ed il suo popolo appare plasticamente presente nel rapporto tra la stessa vigna ed il suo padrone, come possiamo leggere in questo versetto del profeta Isaia: “Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita”. 

   Il brano evangelico di Giovanni, al centro della liturgia della Parola di questa Domenica, pone bene in evidenza la profonda interazione e comunione tra Dio ed il suo popolo, descrivendola attraverso le immagini della vigna e del vignaiolo. “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo”, dice Gesù, presentandosi come l'albero della vite: l’albero che dona l’uva e attraverso la spremitura del frutto produce il vino. Un “vino buono” e novello, gustoso ed inebriante, come quello che Gesù ha donato a Cana di Galilea. Una bevanda che infonde nei suoi amici la Nuova Alleanza con il Padre vignaiuolo, e la sua stessa vita, per rendere più stabile tale alleanza. Infatti, è questo Vino che opera una vera, autentica, profonda ricreazione nell'uomo: una mutazione che avviene nel profondo del proprio essere, perché il Regno di Dio sia sovranamente presente nell’uomo nuovo: quello conforme al progetto originario di Dio. 

   Come avviene questa comunione, questo passaggio di vita divina da Cristo a noi? A livello figurato abbiamo un esempio che richiama Gesù con le sue parole: è l’immagine, se così si può dire, della linfa vitale trasmessa dalla vite ai tralci, e che permette a questi di non divenire secchi, ma di essere continuamente vivi e fruttiferi. 

   Ma la biologia e la botanica ci offrono solo una pallida immagine di ciò che avviene tra Gesù e il nuovo Israele di Dio, e quindi tra Lui e noi che siamo suoi amici, figlioli, fratelli. Accogliendo la Parola di Gesù, accogliamo Lui stesso, e con Lui, accogliamo il Padre, che è il Vignaiolo. E, nella Potenza dello Spirito Santo, Gesù ci dona la Sua Vita in abbondanza, per così purificare, ricreare, alimentare, vivificare, trasformare e santificare la nostra vita. E perché questo avvenga in maniera più consona al Progetto di Dio, il Padre Vignaiolo può anche potare i tralci, perché la Vite, che è la Vita stessa di Suo Figlio, possa crescere e svilupparsi anche laddove ci sono dei rami rinsecchiti o delle foglie morte. È errato, però, interpretare il nostro essere in Cristo, con Cristo e per Cristo, solo alla luce di una funzione inerte, da parte nostra, di fronte al Regno di Dio che si sviluppa dentro di noi, secondo l’idea del tralcio che passivamente è unito alla vite. Il cuore del messaggio di Dio è l’amore. Dio ci ama come una mamma, come un papà, come uno sposo o una sposa, un fratello, una sorella, un amico. E quando avvertiamo l’affetto e il calore di una persona che ci ama, il nostro cuore prova una grande gioia e riposa nella pace. Lo stesso avviene quando avvertiamo la chiamata dell’amore di Dio per noi, che ci conduce, per riflesso, a rispondere, con tutto il nostro cuore, al Suo Regno d’amore. Anzi, in questo caso, la percezione di questo Amore di Dio non è certamente paragonabile ai sentimenti che proviamo nei sentimenti umani. E questo i mistici lo sanno e lo sperimentano. Al contrario, quando Gesù dice: “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”, Lui proietta davanti a noi la drammatica realtà di chi rifiuta Dio. Sarebbe come rifiutare il proprio papà e la propria mamma. In tal caso vive lontano da Dio, e cade facilmente preda del peccato, come ci insegna la splendida parabola del figliuol prodigo, o del figliuolo ritrovato, fluita proprio da cuore di Gesù. 

   “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano”. Queste non sono parole di condanna. Gesù non ha mai condannato nessuno. Sono parole che ci invitano a ripensare alla nostra vita con Dio o senza Dio. Senza Dio la vita non ha senso. Ha senso solo quando la ripensiamo alla luce del Destino di Vita che ci attende. Proprio ciò che Gesù ci dice questa domenica, per mezzo del vangelo di Giovanni. Lontani dall’amore di Dio non andremo da nessuna parte, perché tutto passa, anche l’amore umano. Ma l’amore di Dio, l’amore di Colui che Gesù stesso ci invita a chiamare Abbà, Papà nostro che sei nei cieli, non passa. Siamo noi a passare, anche andando oltre questo amore, rifiutandolo, col rischio di alienare, dall’interno di noi stessi, quel Bene Sommo che è alla radice della nostra stessa umanità. Ma il suo amore, infinito ed eterno, non passa. Nella sua prima lettera, l’evangelista Giovanni afferma solennemente che “Dio è amore”. Ciò significa che “L’Essere stesso di Dio è Amore. Mandando, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio unigenito e lo Spirito d'Amore, Dio rivela il suo segreto più intimo: è lui stesso eterno scambio d'amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha destinati ad esserne partecipi”, come ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica. 

   Grazie all’alimento dell’Eucaristia, pane del suo corpo e del vino del suo sangue, ogni uomo di buona volontà si lascia raggiungere dall'amore divino di quel Gesù che ha offerto se stesso per la vita del mondo, oltre che dall'amore del Padre, che rende sempre presente e operante, nella storia, il dono del Figlio. Una volta compreso questo, non abbiamo più bisogno di pensare ai passivi tralci che si lasciano rivitalizzare dalla Vite. Tutt’altro: una volta compreso chi è Dio e chi è Gesù, abbiamo tutta una vita dinanzi a noi per dire: Papà ti voglio bene. Gesù, ti voglio bene. Non un bene espresso solo in potenza. Un bene che deve essere potenza e atto. E allora, amiamo Dio nei nostri fratelli, a cominciare dai nostri cari, per finire, poi, al prossimo e finanche ai lontani. E vedremo come il nostro cuore si riscalderà di amore. Di un amore Divino. Quello stesso amore che ci immette in Dio e nella sua pace. 

   Mi piace chiudere con una frase di un grande maestro della spiritualità cristiana, scomparso qualche anno fa: don Divo Barsotti, fondatore, peraltro, della Comunità dei Figli di Dio. In un’intervista rilasciata il 25 aprile 2004, il novantenne don Divo invitò ad “Essere una cosa sola con Gesù. Che Gesù sia veramente la forza della nostra vita, la gioia unica della nostra esistenza, l'unica nostra speranza, l'unico nostro amore. Tutto deve avere termine in Lui, perché anche la nostra vocazione è una sola, quella di divenire una cosa sola con Lui. Non c'è altra vocazione del cristianesimo che questa, ed è la vocazione più alta che noi possiamo ricevere”.