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La Storicità di Gesù

    Grazie alla straordinaria ricchezza di fonti, che permette di offrire un quadro storico ben delineato, si può affermare che Gesù di Nazaret sia un personaggio la cui esistenza storica è ormai riconosciuta da credenti e non credenti. Le prove di tale ricchezza di fonti sono decisamente molteplici e variegate, a cominciare dalle testimonianze pagane, come quelle di Tacito, Svetonio, Mara bar Sarapion, e Tallo. Le fonti giudaiche non cristiane sono presenti sia nella tradizione rabbinica che in Giuseppe Flavio. Poi ci sono fonti che possono essere considerate cristiane, come gli Agrapha e il vangelo apocrifo di Tommaso, anche se questo non è riconosciuto come testimonianza canonica, alla stregua dei quattro vangeli, che sono sicuramente da considerare come le vere fonti su Gesù e sulle origini del cristianesimo.

   Consideriamo le fonti pagane su Gesù partendo da Tacito. Negli Annali, opera scritta negli anni 115 e 117, parlando della persecuzione dei cristiani, voluta da Nerone, accenna pure all’esecuzione capitale di Cristo ordinata dal Procuratore Ponzio Pilato. La sua testimonianza è confermata, verso il 112, da Plinio il Giovane, che in una lettera all’imperatore Traiano, riferisce che i cristiani di Bitinia hanno l’abitudine, in un giorno stabilito, di riunirsi prima della luce del giorno e cantare alternativamente fra di loro degli inni a Cristo, come a un dio…

   Svetonio, scrittore romano contemporaneo di Tacito, nel suo libro Vite dei Cesari, scrive che “Poiché i Giudei si sollevarono continuamente su istigazione di un certo Cresto, [l’imperatore Claudio] li scacciò da Roma”. Svetonio ritiene che a Roma sia presente un certo Cresto, istigatore della rivolta. In realtà, si tratta solamente del motivo della disputa; quindi molto probabilmente qui si allude a Cristo e alla predicazione cristiana. Si tenga presente che Crestos è un nome pagano. La forma «Cresto» riferita a Gesù è sicuramente dovuta a una deformazione di quell’epoca. Due dati importanti supportano questa possibilità: il fatto che il termine «cristiani» appare scritto in alcune opere romane come «chrestianos» e l’assenza del nome di Cresto negli epitaffi delle tombe giudaiche del primo secolo. “Probabilmente Svetonio fa riferimento agli inizi del cristianesimo a Roma e alle discussioni che il suo arrivo suscita tra gli ebrei”.

   Altra testimonianza indiretta, ma irrilevante, è quella di Luciano di Samosata, vissuto nel secondo secolo dell’era cristiana. Nella sua satira «De morte peregrini», scritta intorno all’anno 170, si fa beffe dei cristiani per il loro amore fraterno e il disprezzo della morte – sebbene non senza un certo rispetto per loro - , associandoli nel suo scherno ai cinici contro i quali in primo luogo è diretto lo scritto”.

   Molto più importante è quella di Tallo, uno storico romano samaritano vissuto dopo il 52 d.C.. Facendo riferimento alla sua Storia universale in tre volumi, il cronografo Giulio Africano, vissuto tra il 170 e il 240 circa, tramanda l’interpretazione fatta da Tallo, delle tenebre scese sulla Giudea e sul mondo intero durante la crocifissione di Gesù.

   Un’altra fonte non giudaica su Gesù, appartiene a un filosofo pagano: Mara bar Sarapion. Nella lettera che scrive al figlio, in un periodo successivo al 73 d.C., c’è questo passaggio significativo: “Quale vantaggio trassero gli Ateniesi dall’aver ucciso Socrate? Ne ottennero carestia e morte. O gli abitanti di Samo per aver bruciato Pitagora? In un momento tutto il loro paese fu coperto dalla sabbia. O i Giudei, per il loro saggio re? Da quel tempo fu sottratto loro il regno. Dio vendicò giustamente la saggezza di questi tre uomini: gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono travolti dal mare, i Giudei furono eliminati e cacciati fuori dal loro regno, e sono ora dispersi per tutte le terre. Socrate non è morto, grazie a Platone; né Pitagora, grazie alla statua di Hera, né il saggio re, grazie alle nuove leggi che ha stabilito”.

   Prendiamo, ora, in considerazione, le fonti giudaiche su Gesù di Nazaret. Lo storico ebreo Giuseppe Flavio, trasferito a Roma in seguito alla conquista di Gerusalemme, avvenuta nell’anno 70, nelle sua opera storica “Antichità Giudaiche”, scrive: “Anano […] convocò il sinedrio a giudizio e vi condusse il fratello di Gesù, detto il Cristo, di nome Giacomo, e alcuni altri, accusandoli di trasgressione della legge e condannandoli alla lapidazione”. Giuseppe Flavio offre un’altra informazione su Gesù nota come Testimonianza Flaviana. Da secoli la sua autenticità è oggetto di discussione, dal momento che in essa si possono leggere anche alcune frasi chiaramente cristiane, che in qualche modo possono essere attribuite a Giuseppe Flavio. La presentiamo nella versione esente da possibili interpolazioni cristiane e così ricostruita dagli studiosi: “In quel tempo comparve Gesù, un uomo saggio. Si diceva che compisse delle opere straordinarie, insegnava alla gente che con piacere riceve la verità: e attirò a sé molti discepoli sia fra Giudei che fra gente di origine Greca. E quando Pilato, a causa di un’accusa fatta dai maggiori responsabili del nostro popolo, lo ha condannato alla croce, coloro che lo amarono fin dall’inizio non cessarono di farlo e fino a oggi la tribù dei cristiani (che da lui prende il nome) continua a esistere”.

   Questa versione è molto verosimile perché, pur con i vari rimaneggiamenti, appare in tutti i manoscritti greci, arabi, e siriaci. Inoltre, lo stile e il linguaggio del brano, eliminate le possibili interpolazioni cristiane, sono tipici di Giuseppe Flavio. Infine, la concezione di Cristo, che trasmette, non è cristiana, in quanto Gesù viene considerato come un saggio, un predicatore di un certo successo.

   Ci sono, poi, delle fonti ebraiche dirette, come la Mišnah e il Talmud che raccolgono tradizioni ebraiche antiche, messe per iscritto dal secondo al quarto secolo. Qui Gesù è menzionato una decina di volte. Ma si tratta di tradizioni che dipendono dalla polemica anticristiana, per cui, pur essendogli riconosciuta la capacità di “sedurre il popolo”, Gesù è accusato di esercitare la magia.

   Un capitolo a parte meritano il Vangelo apocrifo di Tommaso e gli Agrapha di Gesù. In un certo senso siamo già in prossimità con l’esperienza storica di Gesù di Nazaret. Attorno al 1945, tra i manoscritti ritrovati nella località Egiziana di Nag Hammadi, è stato rinvenuto un papiro che gli studiosi identificano come il Vangelo apocrifo di Tommaso. Una scoperta che ha gettato nuova luce sugli Studi relativi alla figura storica di Gesù. Il documento contiene 114 detti a carattere sapienziale, attribuiti a Gesù, mentre sono assenti momenti storici importanti della vita del Maestro, come i riferimenti alla sua morte e risurrezione. Inoltre sono assenti i detti apocalittici formulati da Gesù, e mancano, quasi del tutto, i titoli Cristologici.

   Quando è stato composto il Vangelo di Tommaso? Secondo alcuni studiosi sarebbe stato scritto addirittura prima del vangelo di Marco, attingendo i detti di Gesù dalla tradizione dei Loghia del Signore, mentre, secondo altri, il testo è databile all’incirca alla metà del II secolo. Ma su un dato certo gli studiosi sono d’accordo, il vangelo apocrifo di Tommaso è molto importante e interessante, perché rappresenta una fonte su Gesù indipendente dal testo dei vangeli canonici.

   Con la parola Agrapha, sono designati i detti di Gesù conservati dalla tradizione orale, indipendentemente dalle Scritture. Si tratta di “Detti” separati del Cristo, aventi carattere di autenticità, ossia citati come suoi, al di fuori dei Vangeli, tanto canonici, quanto apocrifi. Così, negli Atti degli Apostoli San Paolo dice: “ In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!»”(At 20,35). Si tratta di un Detto di Gesù che ricorda piuttosto un passo del Siracide (4,31), ma che non è registrato in nessun Vangelo.

   Vale la pena di citarne qualche altro: “Quelli che stanno con me non mi hanno compreso”(Atti di Pietro, apocrifo, cap. X).

    “E solo allora sarete lieti, quando guarderete vostro fratello con amore”(Vangelo degli Ebrei, citato da San Girolamo).

    Le fonti ed i documenti fondamentali per ricostruire la vicenda e l'immagine di Gesù, sono i testi del canone cristiano: una raccolta di scritti in greco che vanno dagli anni 50 a seguire. Sono i Vangeli, le lettere di S. Paolo e le lettere Cattoliche. Essendo stati scritti da discepoli di Gesù e da cristiani per altri cristiani, essi rappresentano indubbiamente la documentazione più antica ed ampia dedicata alla figura, alla missione ed al messaggio di Gesù. "Non c'è persona che non abbia qualche nozione o informazione su Gesù. Sia la cultura corrente, sia la frequentazione di una chiesa cristiana, sia la lettura dei Vangeli o d'altri libri del Nuovo Testamento, consentono a ciascuno di avere un minimo di nozioni intorno a questo personaggio davvero unico nella Storia(Giuseppe Ghiberti, Il lungo dibattito del Nazareno, in Storia di Gesù, Ed. Rizzoli, volume 1, pag. 1.).