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Questo sito web è curato da Donato Calabrese, storico di Padre Pio da Pietrelcina 




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Noi sappiamo che “il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna” (1Gv. 5,19-20) 

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Il Vangelo della Domenica


VANGELO DI DOMENICA 28 APRILE 2024

V DOMENICA DI PASQUA

(Vangelo di Giovanni 15,1-8)



    “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. 


Vangelo della Domenica




Chiesa Cattolica

Una volta gli chiesero a Padre Pio qual'era il problema connesso con l'applaudire nella celebrazione della Santa Messa. Padre Pio rispose: "Sul Calvario c'erano quelli che applaudivano la morte di Cristo: i soldati e i demoni". 



GLI APPLAUSI IN CHIESA: COSA AVREBBE DETTO, OGGI, PADRE PIO DA PIETRELCINA?


   Così il fido confratello e paesano, fra Modestino da Pietrelcina, descrive la Messa celebrata da Padre Pio: “La Messa di Padre Pio! Nessuna penna riuscirà mai a descriverla. Solo chi ha avuto il privilegio di viverla, può capire...”.  Perfino un'attrice famosa di Holliwood, Louretta Young, ai giornalisti che le chiedevano, di ritorno dal suo viaggio in Europa, cosa l'avesse impressionata, risposte: “La Messa celebrata da Padre Pio a San Giovanni Rotondo”.


Donato Calabrese

   Un giorno Cleonice Morcaldi domanda a Padre Pio: “Padre, che cos’è la vostra messa?”. Lui rispose: “Un completamento sacro della passione di Gesù”. E Cleonice: “Che cosa debbo leggere nella vostra Santa Messa?”. “Tutto il Calvario”, risponde Padre Pio.

  Dovrebbe bastare questo per estirpare dalla Chiesa italiana, prima, e da quella mondiale, dopo, la malapianta di una moda che sta contribuendo allo svuotamento della spiritualità e della dimensione mistica di quella che è la celebrazione centrale della liturgia della Chiesa. 

   Ma non basta. Eppure Gesù sapeva bene, nell'ultima Cena (il cui rito comprendeva l'istituzione dell'Eucaristia) che da lì a poco sarebbe morto crocifisso, e poi, sarebbe risorto. 

   Stamattina (Domenica 3 settembre 2023), ero a Messa a Piana Romana di Pietrelcina: il luogo più Santo della nostra Terra Sannita, ed uno dei più Santi d’Italia, perché qui Gesù e Maria Santissima si sono manifestati a Padre Pio, donandogli quelle stigmate che scomprariranno visibilmente (dietro richiesta di Padre Pio al Signore), ma resteranno sempre impresse nella sua carne, fino alla morte. Quelle stigmate che designano la totale partecipazione del Frate di Pietrelcina alla Passione di Cristo Gesù. 

   Eppure, stamattina la Messa è stata pregna di rumore, chiasso, coreografie, applausi, battiti di mani. Nulla di spirituale, nulla di mistico, nulla di silenzio, nulla di raccoglimento, nulla di nulla. È stata, potrei dire, una “non Messa”, a parte l’Eucaristia: il Signore non fa mai mancare la sua presenza! Malgrado tutto.

   Stamattina la Santa Messa è stata celebrata all’estremo opposto della Santa Messa come la celebrava Padre Pio (ho avuto il privilegio di parteciparvi due o tre volte). Una gazzarra: e non esagero! Dio mio come siamo caduti in basso con la liturgia! 

  

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Gesù nell'archeologia

Betania al di là del Giordano

Riportiamo dal Sito TERRASANTA.NET questo interessantissimo articolo relativo alla disputa sul luogo del Battesimo di Gesù: “Quale è il vero sito del Battesimo di Gesù? Quello a ovest (al-Maghtes), oppure quello est del Giordano (Wadi Kharrar)?”

Pietro Kaswalder ofm

   Molti pellegrini si domandano quale valore abbia il sito del Battesimo benedetto da Papa Ratzinger nel suo recente pellegrinaggio in Terra Santa. Il sito era stato preparato in vista del Grande pellegrinaggio del 2000 fatto da papa Giovanni Paolo II. Ora lo scavo dei resti antichi e la ricostruzione delle chiese moderne sono quasi ultimati. Si tratta del luogo del battesimo nel Wadi Kharrar, a circa 7 chilometri dal Mar Morto, che si raggiunge dalla strada di Livias (Tell er-Rame) e Shunah (sud) nelle Steppe di Moab, in Giordania.  

   La Custodia di Terra Santa non ha luoghi santi nel Wadi Kharrar, ma propone invece il sito chiamato al-Maghtes, sulla sponda ovest del Giordano, esattamente di fronte al luogo santo del Wadi Kharrar. Ogni ultimo giovedi del mese di ottobre si celebra la pellegrinazione liturgica per commemorare il battesimo di Gesù. Ci si domanda perciò: quale è il vero sito del Battesimo di Gesù? Quello a ovest (al-Maghtes), oppure quello est del Giordano (Wadi Kharrar)? Premesso che per alcuni secoli il Wadi Kharrar non fu agibile, perché le antichità erano andate perdute. E premesso pure che per molto tempo il pellegrinaggio al Giordano si faceva partendo da Gerico, ne deriva che l'identificazione del sito del battesimo di Gesù si era fissata sulla sponda occidentale del Giordano. Aggiungiamo ancora che il monastero del Prodromo (Qasr al-Yahud) in vita fino al 1550, e restaurato dal patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme nel 1882, era rimasto l'unica struttura antica nei pressi del Giordano. Le rovine del Prodromo, distrutto dal terremoto del 1927, hanno dimensioni enormi. Per tanto tempo, a partire dal XVI secolo, il Prodromo, cioè San Giovanni Battista, era indicato come il vero Luogo del battesimo di Gesù.

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La Verità vi farà liberi

A Scuola ci dettero un tema: parlare del 25 aprile, anniversario della resistenza  


    IL 25 APRILE: UN GIORNO DA RICORDARE... E NON DA CELEBRARE


   Vi chiedo di non trasformare la giornata di domani 25 aprile, in celebrazioni che aprirebbero - semmai le avesse chiuse definitivamente - le ferite profonde insite nella nostra gente e perfino nel nostro stesso sangue. Celebriamola come un giorno di riflessione silenziosa: senza grancassa; senza applausi; senza enfasi, senza trionfalismi. Perché la celebrazione evoca un dolore reciproco che ci siamo dati: italiani e italiani; cristiani e cristiani; uomini e uomini!


Donato Calabrese


   Facevo il IV superiore, nell'Istituto Professionale di Stato per il Commercio di Benevento. E poiché eravamo vicini al 25 aprile (non ricordo se del 1963 o 1964),  il professore di italiano ci dette un tema: Parlate del 25 aprile, anniversario della resistenza.

   Non ricordo cosa scrissi nello svolgimento di quel tema. Ma i miei sentimenti di allora erano gli stessi di oggi. Ringrazio il Signore per non aver permesso, nella mia vita, l'invecchiamento del cuore e dello spirito. E forse anche la mia patologia mi ha aiutato ad essere spiritualmente giovane e profondamente ancorato all'insegnamento di Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio Benedetto.

   Anche se non avevo ancora raggiunto la piena maturità della mia fede in Cristo, sapevo e ribadii, nel tema, che non si può celebrare una giornata di lutto, come una festa nazionale. Difatti, il 25 aprile di ogni anno evocava la lotta fratricida: italiani contro italiani. Una strage che non risparmiò neanche i sacerdoti, alcuni dei quali vennero uccisi da entrambe le parti che guerreggiavano. Ma io non sto da nessuna parte. Io credo di interpretare la coscienza cristiana del nostro popolo: una stirpe di uomini di antico lignaggio cristiano. 

   Non spettava a me dire dove stava il giusto e l'ingiusto, anche perché io credo che le uccisioni, che sono sempre ingiuste, abbiano caratterizzato tutti e due gli schieramenti.

  Come discepolo del Nazzareno crocifisso mi sentivo in dovere di stigmatizzare una festa che per me non era festa, semmai una giornata di riflessione, all'insegna di un proposito, anzi di un desiderio: di non vedere mai ripetute queste stragi tra fratelli, tra amici, tra parenti, tra uomini di una stessa etnia italica, tra cittadini e patrioti di quelo straordinario Paese, tanto amato da Dio, eppure tanto ingrato verso lo stesso Dio.

   Vi chiedo di non trasformare la giornata di domani 25 aprile, in celebrazioni che aprirebbero - semmai le avesse chiuse definitivamente - le ferite profonde insite nella nostra gente e perfino nel nostro stesso sangue.

   Celebriamola come un giorno di riflessione silenziosa: senza grancassa; senza applausi; senza enfasi, senza trionfalismi. Perché la celebrazione evoca un dolore reciproco che ci siamo dati: italiani e italiani; cristiani e cristiani; uomini e uomini!

   Che sia una giornata di serena riflessione, e di abiura di ogni guerra: specialmente di ogni guerra civile, che è la morte della dignità umana, dei sentimenti più veri, nobili, e autentici del nostro popolo.

   Celebriamola! Ma senza feste! La festa sul sangue sparso - da una parta o dall'altra - non è festa, ma un lutto, un evento doloroso, anzi tra i più dolorosi, della storia patria.


     

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    “Non perché mi sia stato detto che tu eri figlio di Dio ascolto la tua parola: ma la tua parola è bella al di sopra di ogni parola umana, e da ciò riconosco che sei il figlio di Dio”

                                       (André Gide, agnostico)    


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