Gesu di nazareth

Via, Verità, e Vita

Chi è Gesù per te?

Gesù per me è


 Vai alla pagina 


Altri siti web

Padre Pio

da

Pietrelcina


Una delle più grandi anime mistiche della Cristianità


 Padre Pio 


Questo sito web è curato da Donato Calabrese, storico di Padre Pio da Pietrelcina 




Telebene

la Televisione

Spirituale


 TELEBENE 



















































Torna alla


HOME PAGE



La Verità vi farà liberi (vangelo di Giovanni 8,32)

   

Giovanni “vide e credette”. Quella tomba vuota... che ci invita a credere e sperare  


    COSA AVVENNE, QUELLA NOTTE, NELLA TOMBA DI GESÙ?  


   Giovanni descrive la prima traccia storica della risurrezione. In realtà il verbo keîmai , da cui viene il participio keímena, non significa genericamente “essere lì” né tantomeno “stare per terra”, o “posati là”, ma indica una posizione precisa, che significa giacere, essere disteso, in una posizione orizzontale. Ciò vuol dire che Pietro, ma soprattutto Giovanni che era stato presente alla scena della sepoltura del Maestro, videro, non le fasce a terra, ma le fasce distese, afflosciate, senza essere state sciolte o manomesse. Erano rimaste immobili al loro posto. Probabilmente in una nicchia scavata nella parete, tipica dell’architettura funeraria di tipo signorile, in cui era stato posto il corpo di Gesù. Semplicemente, ora quel corpo non c’era più, e le tele si erano afflosciate su se stesse.  


Donato Calabrese

Philippe de Champaigne: ultima Cena

   Cosa avvenne nella notte di Pasqua di duemila anni fa? Perché Giovanni, il discepolo amato dal Signore, “vide e credette” di fronte alla tomba vuota di Gesù? Cosa ha visto Giovanni di così clamoroso che sfugge ai nostri occhi di credenti?

   Seguiteci attentamente, e vi riveleremo ciò che realmente Giovanni vide nella tomba che ospitava il corpo di Gesù. Partiamo dalla lettura del testo evangelico di Giovanni: Giovanni, “Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l`altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette”(Giovanni 20,5-8) Che cosa ha visto Giovanni, per arrivare a credere? Il sepolcro vuoto; Le bende per terra ed il sudario piegato accuratamente in disparte. Basta questo, a Giovanni, per suscitare la fede nel Crocifisso? O c’è dell'altro? E perché, contrariamente a Pietro che ha visto il sepolcro vuoto, le stesse bende per terra ed il sudario piegato, Giovanni “vede e crede”? Forse la risposta sta nei versetti successivi, allorché il vangelo conclude: “Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti”(v.9). Forse, contrariamente a Pietro, Giovanni “vide e credette” perché illuminato, nella sua fede verso il Risorto, dalla Parola di Dio racchiusa nelle Antiche Scritture? Un concetto che troviamo presente anche nella scena di Emmaus e che appartiene alla tradizione di Luca. Eppure, a parte questo rilievo, le descrizioni dei vangeli non collegano la fede pasquale con il sepolcro vuoto. Anzi, quasi sempre non è la Scrittura e neppure l’esperienza del sepolcro vuoto a provocare la fede, ma l’incontro con Gesù stesso. Basta leggere i vangeli per rendersene conto. E allora, vista nella prospettiva globale delle tradizioni evangeliche, che danno priorità alla manifestazione personale del Risorto, dalla quale scaturisce la fede dei discepoli, sembra impossibile pensare che con quel “vide e credette” il vangelo voglia dimostrare il salto di fede da parte di Giovanni. Possibile che egli intraveda nel buio della tomba, nelle “bende per terra”(v.7) e nel “sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte”(v.7) l’alba radiosa della risurrezione di quel Maestro che aveva visto morire sulla croce, e che Pietro, assente sotto la croce, non riconosce neanche ora come Risorto? Insomma, è la Bibbia, insieme con il sepolcro vuoto, ad illuminare, in quella tomba buia e vuota, “l’apostolo che Gesù amava”, inducendolo a credere nella risurrezione di Gesù, o c’è dell’altro? A questa domanda ha dato una risposta un sacerdote di Tivoli, don Antonio Persili, il quale fin dagli anni di seminario si è portato appresso, come un’ossessione, quell’espressione di Giovanni: «vide e credette». Per niente soddisfatto delle interpretazioni tradizionali (tomba vuota e panni giacenti sulla pietra sepolcrale = risurrezione), don Persili cominciò a studiare gli usi e costumi funerari ebraici, interessandosi soprattutto del testo greco dei Vangeli. I risultati dei suoi studi, di straordinaria valenza, sono pubblicati nel volume Sulle tracce del Cristo Risorto (Edizioni Centro Poligrafico Romano).

   Persili si rese conto che le versioni di uso corrente del vangelo di Giovanni non facevano capire perché Giovanni aveva iniziato a credere nella resurrezione di Gesù proprio da quel momento. “Ad esempio, nel Nuovo Testamento pubblicato dalla Cei è scritto che i due discepoli, scrutando all’interno del sepolcro, videro "i teli ancora là, e il sudario, che era stato posto sul suo capo, non là con i teli, ma in disparte, ripiegato in un luogo”. Persili scoprì che le traduzioni ufficiali del brano evangelico in questione erano infelici. Finivano per occultare dei particolari che invece erano indispensabili per cogliere cosa era accaduto quel giorno a Giovanni.

   I Vangeli ci dicono che Giuseppe d’Arimatea, padrone del sepolcro in cui fu posto Gesù, aveva portato per l’inumazione un rotolo di tela, mentre Nicodemo aveva portato una “mistura di Così appariva il corpo di Gesù avvolto nelle fasce, prima della risurrezionemirra ed aloe di circa cento libbre”, più o meno trentacinque chili. Dal rotolo di tela erano stati tagliati tutti i pezzi necessari a ricoprire e fasciare il corpo di Gesù: il telo più grande, con cui fu avvolto tutto il corpo insanguinato, anche per evitare che chi si occupava dell’inumazione lo toccasse con le mani nude; le fasce, abbastanza larghe (nell’originale greco: tà othónia), che vennero fatte girare intorno al lenzuolo, per tenerlo stretto intorno al corpo; e il sudario, un fazzoletto quadrato che fu posto sul capo di Gesù, come testimonia lo stesso Giovanni. I profumi, a cui si ricorreva per coprire il cattivo odore, erano stati versati all’interno delle fasciature e anche sulla superficie in cui era stato posto il corpo di Gesù”.

   Nella pericope che descrive la scena dei due apostoli davanti al sepolcro, errori grammaticali e di traduzione creano malintesi sulla posizione in cui Giovanni e Pietro trovarono tutti questi panni. “Nell’originale greco – diceva Persili - è scritto che Pietro, entrando nel sepolcro, vide "tà othónia keímena". La versione della Cei traduce questa espressione con “i teli ancora là”. Altre versioni la traducono con “i teli per terra”, o “i teli posati là”, come he sentito stamattina nella Messa delle 9.

   In realtà il verbo keîmai , da cui viene il participio keímena, non significa genericamente “essere lì” né tantomeno “stare per terra”, o “posati là”, ma indica una posizione precisa, che significa giacere, essere disteso, in una posizione orizzontale. Ciò vuol dire che Pietro, ma soprattutto Giovanni che era stato presente alla scena della sepoltura del Maestro, videro, non le fasce a terra, ma le fasce distese, afflosciate, senza essere state sciolte o manomesse. Erano rimaste immobili al loro posto. Probabilmente in una nicchia scavata nella parete, tipica dell’architettura funeraria di tipo signorile, in cui era stato posto il corpo di Gesù. Semplicemente, ora quel corpo non c’era più, e le tele si erano afflosciate su se stesse.  

Questo è ciò che vide Giovanni: la sindone, e le fasce sono al loro posto, mentre il sudario è leggermente rialzato: il Corpo di Gesù all'internon non c'è più: È risorto   Gli errori di interpretazione si ripetono, secondo Persili, anche riguardo alla posizione del sudario. L’originale greco usa ben venti parole per descriverla. Le versioni correnti introducono tutte l’idea che il sudario si trovi spostato rispetto al punto in cui si trovava quando il corpo di Gesù era stato sepolto. La versione Cei, ad esempio, traduce: “e [videro] il sudario, non là con i teli, ma in disparte, piegato in un luogo”. Nella traduzione ufficiale della CEI del 2008 è scritto che videro il sudario, “non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte” . Il sacerdote di Tivoli, Antonio Persili, diceva, invece: “keímenon, come già keímena , è participio di keîmai , giacere. L’espressione Ou metà tôn othoníon keímenon significa che il sudario non era disteso come le altre bende. Ma, al contrario (così va tradotto l’avverbio  khorìs, in senso modale), appariva arrotolato (entetyligménon, dal verbo entylísso –, che significa avvolgere, arrotolare) in una posizione unica, singolare. Così si può tradurre "eis héna tópon", che le versioni correnti traducono banalmente come "in un luogo". Significa che il sudario, a differenza delle fasce distese, appariva sollevato, in maniera quasi innaturale, forse perché su di esso i profumi avevano avuto un effetto inamidante”(Trentagiorni, aprile 2010). .

   Se questo fu lo spettacolo che si presentò ai due apostoli, si può comprendere perché a quella vista il discepolo che Gesù amava poté intuire ciò che era accaduto. Non lo avevano portato via. Era risorto nel suo vero corpo, come aveva promesso, con parole che nemmeno i suoi avevano capito. 

   “Era impossibile - dichiarò successivamente Persili in un’intervista - che il corpo di Gesù fosse uscito dalle fasce per una improvvisa rianimazione, o che fosse stato portato via, da amici o da nemici, senza slegare le fasce o manometterle in qualche maniera. Se le fasce erano rimaste al loro posto, afflosciate su se stesse ma ancora avvolte, era il segno che Gesù era uscito vivo dal sepolcro sottraendosi in maniera misteriosa ai panni che lo avvolgevano, fuori dalle leggi dello spostamento dei corpi. 

   Un intervento sovrannaturale aveva sottratto quel corpo dalla nicchia nel sepolcro, lasciando tutte le cose intatte, senza manomettere i teli funerari. 

    Giovanni, davanti al sepolcro, non fece nessun salto mistico. Nel suo Vangelo, soffermandosi così minuziosamente sulla posizione delle fasce, voleva solo descrivere la prima traccia storica della resurrezione”.  

   Intanto, oltre a Vittorio Messori, anche padre Jean Galot, illustre professore della Gregoriana, in un saggio su La Civiltà Cattolica ha citato ricerche aggiornate che confermano le scoperte di don Persili. In un’intervista rilasciata al periodico TRENTA GIORNI, l’illuste studioso affermò tra l’altro: “Alcuni recenti studi esegetici hanno precisato il reale contenuto del testo, segnalando alcune imprecisioni delle traduzioni correnti che possono sviare la comprensione. Il primo errore è che molte versioni traducono con il vocabolo bende la parola greca otónia, che in realtà indicava tutti i teli funerari in cui venivano fasciati i defunti, compresa la sindone, il telo più ampio, che avvolgeva tutto il corpo. Inoltre, a sentire molte versioni correnti, i suoi apostoli avrebbero visto i teli caduti a terra, e il sudario (il fazzoletto arrotolato che veniva legato intorno al volto del defunto, per tenergli chiusa la bocca) posto «in disparte, ripiegato in un luogo diverso». Invece, secondo traduzioni recenti e accurate, basate su un’attenta analisi grammaticale dell’originale greco, tutto era rimasto al proprio posto. Anche il sudario non era stato spostato, ma era rimasto giacente in mezzo ai teli. Lo si distingueva, in rilievo, sotto la sindone ormai afflosciata”(Trentagiorni, aprile 2010)..

   Tutti questi dettagli, aggiunse padre Galot, “aiutano a intuire cosa suscitò lo stupore e l’inizio di fede in Giovanni. Se il corpo fosse stato portato via da qualcuno, i teli non sarebbero rimasti intatti nello stesso luogo, e il sudario sarebbe stato tirato fuori dai teli e messo da parte, al momento della sparizione, proprio come sembrano indicare molte traduzioni correnti. Invece il corpo di Gesù non c’era più, ma tutto il resto – i teli, il sudario – era rimasto nello stesso posto. Addirittura il sudario era rimasto avvolto nei teli, al suo posto iniziale”(Trentagiorni, aprile 2010)..