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Gesù Maestro di Sapienza

Icona di Gesù monastero di Santa Caterina al Sinai

   Nei libri del Nuovo Testamento sono presenti dei testi che parlano della sapienza di Dio o che, a proposito di Gesù, ricorrono ad espressioni che l'Antico Testamento utilizza per parlare della Sapienza...  Non si può negare che molti discorsi di Gesù sono simili a quelli dei saggi. Gli abitanti di Nazaret se ne sono resi conto considerando Gesù superiore agli scribi (G. Ravasi, Sapienza, in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, ed. Paoline, pag. 1432). Infatti nel Vangelo secondo Matteo leggiamo: "Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi"(Mt 7,28-29). 

   Lo stesso insegnamento di Gesù espresso in parabole è a carattere sapienziale, tanto è vero che anche i rabbi d'Israele, chiamati saggi, utilizzano la parabola per spiegare ai discepoli il senso di un testo della Scrittura (cfr. G. Ravasi, Sapienza, in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, ed. Paoline, pag. 1432). Quindi la predicazione del Maestro si caratterizza per molti discorsi a carattere sapienziale. E' il caso del celebre discorso della montagna o delle beatitudini (Mt 5,7), oppure quello tenuto nella sinagoga di Cafarnao e relativo al Pane di vita (Gv 6). 

   Accanto a questi discorsi ad ampio respiro ci sono anche delle massime a carattere sapienziale, come questa: "Tutti quelli che mettono mano alla spada, di spada periranno" (Mt 26,52), "Chi vuol salvare la propria vita, la perderà (M6 16,25), oppure "Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" (Mt 22,21), e tantissime altre. 

   Quindi nella predicazione del Nazareno capita spesso di esprimersi come i saggi di Israele. Ma alcuni testi del Nuovo Testamento, a cominciare dai Vangeli Sinottici, vanno oltre, attribuendo a Gesù ciò che l'Antico Testamento attribuisce alla Sapienza personificata, come leggiamo in questo brano del Vangelo secondo Matteo: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11,28-30). Gesù parla come il saggio del libro del Siracide: "Avvicinatevi a me o ignoranti, fermatevi nella mia casa per istruirvi...., sottomettete il collo al suo giogo [della Sapienza]"(51,23-26); ma nello stesso testo, al capitolo 6, la medesima immagine del giogo è più esplicitamente applicata all'insegnamento della Sapienza stessa: "Introduci i piedi nei suoi ceppi ed il collo nei suoi lacci. Abbassa le tue spalle per caricartela, non infastidirti per i suoi legami... Alla fine otterrai il tuo riposo, si muterà per te in godimento"(Sir 6,24-25). 

   Nel Vangelo secondo Matteo Gesù dice: "La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!"(Mt 12,42; anche Luca 11,31). Salomone esprimeva una Sapienza ricevuta da Dio; possiamo dunque pensare che in Gesù si esprime una Sapienza più grande, la Sapienza stessa di Dio (G. Ravasi, Sapienza, in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, ed. Paoline, pag. 1440s.). 

   In un altro passo del Vangelo redatto da Matteo, Gesù dice: "Perciò ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi; di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città" (Mt 23,34). Il brano parallelo di Luca è presentato, invece, in maniera diversa: "Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno"(Lc 11,49). Quindi, Luca evidenzia come la Sapienza di Dio sembra essere Gesù stesso che, in conclusione, fa proprie le parole della stessa Sapienza di Dio: "Si, ve lo ripeto..."(Lc 11,51). 

   In Matteo leggiamo: "Alla Sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere" (Mt 11,19). Si comprende chiaramente che queste opere che rendono giustizia alla Sapienza sono le "opere di Cristo". Questi testi dipendono probabilmente dalla stessa fonte comune a Matteo e Luca: la fonte Quelle, che significa Dett. 

   I Detti di Gesù, sono molto discussi. Non affermano in modo esplicito che Gesù è la Sapienza, lo suggeriscono solamente (per tutto questo: G. Ravasi, Sapienza, in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, ed. Paoline, pag. 1440s.). 

   Tutto quanto è stato detto in riguardo a Gesù Maestro di sapienza è riportato nei Vangeli. Ma a questo punto a noi interessa il Gesù storico, che è al centro della nostra ricerca. Siamo sicuri, cioè che il Gesù Maestro di sapienza, anzi il Gesù che s'identifica con la stessa Sapienza di Dio, come descritto in filigrana nei Vangeli, sia un attributo del Gesù terreno, quello veramente esistito duemila anni fa? 

   La risposta non può essere che affermativa, ed ora vediamo perché. Alle origini della predicazione cristiana, troviamo l'attività missionaria dei predicatori itineranti della Galilea (Cfr. Pius-Ramon Tragan, La preistoria dei Vangeli, Ed. Servitium, pag. 108). Un movimento nato con la stessa predicazione di Gesù. Pietro e i primi discepoli hanno seguito il Maestro in Galilea e l'hanno accompagnato a Gerusalemme (Mc 14,32-42.66-72) ; poi, dopo la cattura del Maestro, sono tornati in Galilea, dove Gesù è apparso loro (Mc 14,28; 16,7), continuando a tenere rapporti con gli altri gruppi di discepoli rimasti a Gerusalemme (Gal 1,19; Atti 12,17) (Pius-Ramon Tragan, La preistoria dei Vangeli, Ed. Servitium, pag. 136). 

   Questo movimento giudeo-cristiano di predicatori itineranti non è durato molto, ma da esso è scaturito un messaggio assimilato da altre correnti del Cristianesimo primitivo. Dall'humus di questo movimento derivano: la fonte Quelle, che come abbiamo detto, raccoglie i Detti di Gesù ed il Vangelo di Tommaso, che è apocrifo. La fonte Q si caratterizza per un contenuto a carattere sapienziale ed è nata, come fonte scritta antecedente ai Vangeli, dall'ambiente degli ascoltatori diretti di Gesù. Ricevendo la sua predicazione l'hanno compresa e sviluppata secondo gli schemi della sapienza popolare (Cfr. Pius-Ramon Tragan, La preistoria dei Vangeli, Ed. Servitium, pag. 137). 

   Tutti gli insegnamenti sapienziali di Gesù, i suoi Detti, le parabole, raccolti nella fonte Q, Quelle, sono stati quindi elaborati, dapprima oralmente, poi in diverse redazioni, dai predicatori itineranti di Galilea e successivamente da altri discepoli Galilei non itineranti. 

   La fonte Q è presente, a parere unanime degli studiosi, nei Vangeli di Matteo e di Luca, e comprende aspetti importantissimi dell'insegnamento del Maestro come le Beatitudini e la preghiera del Padre nostro. Quindi, questa caratterizzazione sapienziale di Gesù, così come ci viene presentata dai Vangeli, è tipica di questa fonte Q che, a parere della stragrande maggioranza di studiosi, è antecedente alla stessa redazione dei Vangeli, quindi molto vicina al Gesù storico. 

   Andare all'origine della fonte Q per ricostruirne la preistoria, quella che ci presenta il Gesù terreno e non filtrato attraverso i vari stadi redazionali, conduce ad un'altra interessante scoperta avallata da Kloppenborg (The Formation of Q: Trajectories in Ancient Wisdom Collections, (Studies in Antiquity and Christianity), Philadelphia 1987, 1-40, in Pius-Ramon Tragan, La preistoria dei Vangeli, Ed. Servitium, pag. 162) che porta ad una conclusione: l'idea di Gesù Maestro di sapienza è ampiamente fedele al Gesù storico. J.S. Kloppenborg individua uno strato più originario che raccoglieva unicamente materiale etico-sapienziale, ripartito in sei unità (I: Lc 6,20b-49; II: 9,57-62; 10,2-11.16; III: 11,2-4.9-13; IV: 12,2-7.11-12; V: 12, 22b-31.33-34; VI: 13,24; 14,26-27; 17,33; 14,34-35), raccolto insieme secondo il modello tradizionale delle "istruzioni dei saggi"(Pius-Ramon Tragan, La preistoria dei Vangeli, Ed. Servitium, pag. 162). 

   Secondo gli studiosi l'ordine originario si ricostruisce meglio da Luca, rispetto a Matteo. Come abbiamo detto prima, parallelamente ai lógia della fonte Quelle, c'è un'altra collezione di massime che va sotto il nome di Vangelo diTommaso. La scoperta di Nag Hammadi, nell'Alto Egitto, ha portato, nel 1948, all'individuazione di una redazione copta di questo testo. Anche qui, gli studiosi hanno rilevato che una prima versione di tipo sapienziale di questa fonte è stata messa in circolazione probabilmente verso gli anni 50 d.C. E, come per la fonte Quelle, che trae origine da una tradizione sapienziale, così il Vangelo di Tommaso che nonostante il nome non è canonico e quindi non è riconosciuto dalla Chiesa primitiva, contiene un insegnamento sapienziale originario. Infatti un carattere proprio del Vangelo di Tommaso è di essere il primo scritto della tradizione non canonica che contiene parabole di Gesù. 

   Ora, poiché l'insegnamento delle parabole è una delle caratteristiche del Gesù terreno, le parabole del Vangelo di Tommaso potrebbero appartenere a una fase molto primitiva della tradizione gesuanica, cioè risalente direttamente a Gesù. Pur essendo di uno stile minore rispetto alle parabole dei Vangeli sinottici, queste contenute nel Vangelo di Tommaso in alcuni casi potrebbero essere più originali (la perla, la pecorella smarrita, la luce sul lampadario, il seminatore, la zizzania, il banchetto) e più primitive (la giara e la farina, la spada dell'assassino) (Pius-Ramon Tragan, La preistoria dei Vangeli, Ed. Servitium, pag. 174s.). 

   Tutto questo ci induce a pensare che tra le immagini che i discepoli e gli ascoltatori si sono fatti del Gesù terreno, questa del Maestro di Sapienza è una delle più fedeli all'originale storico.  

   Come detto in precedenza, il Nuovo Testamento non identifica mai esplicitamente Gesù con la Sapienza, pur attribuendogli molto di quello che i testi dell'Antico Testamento attribuivano alla sapienza. Questo succede perché Gesù supera infinitamente la Sapienza quale potevano conoscerla i saggi dell'Antico Testamento; la Rivelazione del Nuovo Testamento è allo stesso tempo in continuità e in rottura con quella dell'Antico Testamento. E' solo in epoca successiva che Gesù sarà esplicitamente detto Sapienza di Dio. 

   Questo titolo cristologico è rimasto lungo tutto il corso della storia cristiana. Tra i testimoni più significativi ricordiamo Origene (III secolo), il beato Enrico Suso (1335), San Luigi Maria Grignion de Montfort. E se da una parte il giudaismo riconosce nella tôrah la Sapienza di Dio, il cristiano, per parte sua, proclama nella fede, che Dio si è rivelato pienamente in Gesù, presenza di Dio tra gli uomini, Emmanuele, ed è per questo che Gesù è detto Sapienza di Dio (per tutto questo: G. Ravasi, Sapienza, in Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, ed. Paoline, pag. 1441s.).