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Sant'Ireneo da Lione (130 - 202)

   Il teologo più importante del 2° secolo, definito anche come “il padre della dogmatica cattolica” nell'antichità cristiana, è Ireneo da Lione.

   Nato nell'Asia minore, era stato, da giovane, discepolo di san Policarpo di Smirne (m. 156) che a sua volta era stato discepolo di san Giovanni evangelista.  In seguito divenne presbitero ed a Lione, nell'anno 177, succedette nella sede episcopale al novantenne vescovo san Fotino, morto in seguito alle percosse ricevute durante la persecuzione contro i cristiani. 

   Rimane dubbio se Ireneo abbia sofferto il martirio nella persecuzione di Settimio Severo (202 circa). Ireneo acquistò dei grandissimi meriti con la sua azione missionaria nella Gallia, portando la buona Novella del Vangelo anche tra i Celti. Ma seppe anche difendere la dottrina cristiana di fronte alla gnosi eretica, svolgendo anche una funzione di pacificatore tra il Papa e le Chiese Asiatiche nella controversia per la Pasqua.

    Ireneo è il primo scrittore che elabora una sintesi globale del cristianesimo.  Delle sue opere, oltre ad alcuni frammenti di lettere conservati in Eusebio(H. E.V, 20,24), ce ne restano solo due: i cinque libri intitolati «Smascheramento e confutazione della falsa gnosi» o anche «Adversus haereses»(del 180-190), in un'antica traduzione latina, e la «Demonstratio praedicationis apostolicae» conservata in una traduzione armena riscoperta nel 1904. La prima opera, che, essendo andato perduto il «Syntagma contro tutte le eresie» di Giustino, è la più antica confutazione degli eretici pervenuta fino a noi, assume grande importanza per la storia dello gnosticismo e per lo sviluppo positivo della teologia.

   Ireneo ha non solo definito magistralmente il principio dell'autorità ecclesiastica e della tradizione, ma a differenza delle esposizioni difettose degli apologisti precedenti, ha pure approfondito notevolmente la dottrina della Trinità e la Cristologia(Cfr. K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, 1-L'antichità cristiana, Ed. Morcelliana, 1973, 217ss.).  

   Dal trattato «Contro le eresie» di sant'Ireneo, vescovo (Lib. III, 19, 1. 3 - 20, 1; SC 34, 332. 336-338)

   Le primizie della risurrezione del Cristo Il Verbo di Dio si è fatto uomo e il Figlio di Dio si è fatto figlio dell'uomo perché l'uomo, unito al Verbo e ricevendo l'adozione, diventi figlio di Dio. Non potevamo infatti in nessun altro modo ricevere l'incorruzione e l'immortalità se non con l'essere uniti all'incorruzione e all'immortalità. E come poi avremmo potuto essere uniti all'incorruzione e all'immortalità non si fosse fatta quello che siamo noi, perché ciò che era corruttibile fosse assorbito dall'incorruzione, e ciò che era mortale dall'immortalità, e noi potessimo ricevere l'adozione di figli? Il Figlio di Dio e nostro Signore è Verbo del Padre e Figlio dell'uomo, poiché fu generato come uomo da Maria, che apparteneva al genere umano ed era lei stessa creatura umana. Perciò fu lo stesso Signore a darci un segno nelle profondità della terra e nelle altezze del cielo, un segno che l'uomo non aveva richiesto, perché egli non aveva mai sperato che una vergine potesse diventare madre, partorendo un figlio pur restando vergine. Mai si sarebbe potuto immaginare che questo figlio fosse «Dio con noi» (cfr. Is 7, 10-17) e discendesse nella profondità della terra alla ricerca della pecora che s'era smarrita, e che era poi sua creatura. Nessuno avrebbe potuto pensare che risalendo in cielo per offrire e raccomandare al Padre l'uomo che era stato ritrovato, facesse di se stesso la primizia della risurrezione dell'uomo. Infatti come il capo è risuscitato dai morti, così risorgerà anche il resto del corpo, cioè ogni uomo che si troverà a vivere dopo aver compiuto il tempo della condanna che gli era toccata per la disobbedienza. Il corpo riceve coesione e unità grazie ai vari legami che lo alimentano e lo attivano secondo la funzione e la posizione di ciascun membro. Nella casa di Dio ci sono molte dimore, perché vi sono anche molte membra nel corpo. Generoso fu dunque Dio il quale, venendo meno l'uomo, previde quella vittoria che sarebbe stata ottenuta per mezzo del Verbo. Infatti poiché la potenza trionfava nella debolezza, il Verbo mostrava la bontà e la magnifica potenza di Dio.

Fonte:  http://www.atma-o-jibon.org/italiano4/diario_feb04.htm