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cITTà DAI MILLE VOLTI


“Addà passà ‘a nuttata”, un’espressione dialettale che conosciamo tutti. Significa, infatti, che deve passare la nottata. In tal modo tornerà la luce dell’aurora che precede quella dell’alba, e il sole risplenderà nuovamente in alto, nel cielo


“ADDA PASSÀ ‘A NUTTATA”


 “Addà passà ‘a nuttata” è una frase che esprime anche la situazione di ansia e di preoccupazione che stiamo vivendo oggi in Italia e nel mondo. È una frase, tuttavia che ci induce alla speranza in futuro che speriamo non sia tanto lontano, in cui questo virus sarà finalmente debellato e Benevento, la nostra amata città che tanto ha sofferto per il passato, possa riprendere a svolgere la vita di sempre


 Donato Calabrese


   “Addà passà ‘a nuttata”, un’espressione dialettale che conosciamo tutti. Significa, infatti, che deve passare la nottata. In tal modo tornerà la luce dell’aurora che precede quella dell’alba, e il sole risplenderà nuovamente in alto, nel cielo.

   “Addà passà ‘a nuttata” è la frase immortalata da Eduardo De Filippo in una delle sue opere più celebri: Napoli milionaria. 

   L’espressione, che induce alla speranza, viene pronunciata dal personaggio di Gennaro Iovine di fronte alla malattia che stava consumando la sua ultima figlia, e che grazie alla medicina fornita gratuitamente da un uomo al quale la stessa moglie di Gennaro Iovine faceva pagare lautamente fino a impoverirlo i prodotti fornitole con il contrabbando, sta evolvendo lentamente e in bene, in attesa del nuovo giorno.

   Ma quando dice “Addà passà ‘a nuttata”, Gennaro Iovine pensa anche al dramma della città di Napoli, martoriata dalla guerra, con tutti gli annessi e connessi, e che vede bene espressa emblematicamente nella figlia ammalata.

    “Addà passà ‘a nuttata” è una frase che esprime anche la situazione di ansia e di preoccupazione che stiamo vivendo oggi in Italia e nel mondo. È una frase, tuttavia che ci induce alla speranza in futuro che speriamo non sia tanto lontano, in cui questo virus sarà finalmente debellato e Benevento, la nostra amata città, che tanto ha sofferto per il passato e il presente, possa riprendere a svolgere la vita di sempre.

   Ma la storia ci insegna che per guardare al futuro dobbiamo ripensare al passato, perché tante situazioni difficili e anche drammatiche sono avvenute anche nel passato, e rileggendole con attenzione, vediamo che il cuore si apre alla speranza, soprattutto se, con la necessaria umiltà e semplicità, accogliamo gli insegnamenti di coloro che ci hanno preceduto. Specialmente coloro che hanno illuminato e santificato profondamente il secolo ventesimo. Uno di questi è il nostro grande Santo e conterraneo: Padre Pio da Pietrelcina. Scrivendo a padre Benedetto, il 27 maggio 1915, Padre Pio disse tra l’altro: “ Questa benedetta guerra, sì, sarà per la nostra Italia, per la chiesa di Dio una purga salutare: si risveglierà nel cuore italiano la fede, che se ne stava lì rincan­tucciata e soffocata dalle pessime voglie; farà sbocciare nella chiesa di Dio, da un terreno quasi inaridito e secco, bellissimi fiori; ma, mio Dio!, prima che ciò avvenga, qual dura prova a noi è serbata”(Padre Pio, Epistolario I, 583).

   La situazione dell’Italia, prima della guerra, era molto simile a quella attuale. Le cause più profonde di tale terribile deflagrazione, furono soprattutto ideologiche: l’allontanamento da Dio degli stati e dei popoli, la loro defezione dagli ideali cristiani e dallo spirito comunitario del passato, il loro orientamento verso i beni materiali, e l’egoismo nazionale acristiano (Cfr. K. Bihlmeyer – H Tuechle, Storia della Chiesa, 4-l’epoca moderna, Morcelliana,1978, 345). Tutto questo, mentre, con le invenzioni e i progressi della scienza e della tenica, l’Europa era in preda   a un’ubriachezza, un piacere, bene espresso dal clima della Belle Époque.  

    Oggi la situazione dell’Italia, dell’Europa, e dell’occidente è molto simile a quella di allora. L’Italia degli ultimi decenni appare svuotata di etica, di norma morale e di attaccamento ai valori cristiani, lasciandosi sedurre dal relativismo etico, dal dio denaro, dalla lussuria e dalla sessualità più sfrenata, e dalla logica gender, tradendo e rinnegando, in tal modo, le sue antiche radici cristiane, germogliate sul seme della Parola e del sangue versato duemila anni fa a Roma, da Pietro e da Paolo.

   Tutto questo è avvenuto per mezzo di una comunicazione ammantata di amore della verità, ma ispirata da un trend di pensiero dichiaratamente laico e libero, eppure velatamente anticlericale e anticristiano. Per di più, sia con i referendum che con l’attività legislativa, i vari governi succedutisi negli ultimi 40 anni hanno dilaniato l’istituto familiare, la cui ricchezza di valori ha costituito un valido fondamento etico, morale e cristiano del nostro popolo. In nome e sotto il vessillo di una libertà assoluta, trainata dalla logica di pensiero degli stessi mezzi di comunicazione che sono in mano alle grandi lobby di potere economico e politico, negli ultimi anni il nostro popolo si è lasciato andare ad un’ebbrezza e un’orgia di potere, esercitato in assoluta libertà, che senza alcun rispetto e amore verso Cristo, si è lasciato andare a una degradazione morale senza pari nella breve storia del nostro Paese, a partire dall’unità d’Italia.

   Tutto questo è avvenuto negli ultimi decenni che dovevano essere forieri di una primavera della Chiesa, auspicata dal Concilio Vaticano II, ma che è stato, invece, segnato da un ristagno della stessa Chiesa istituzionale che ha mostrato i segni di un’apatia, di una freddezza, di una passività, accompagnata da un depauperamento della spiritualità e della mistica, ad eccezione di un “piccolo resto” che, sulla corrente feconda della mistica del laicato che è stata animata in questi decenni da figure come Luisa Picarreta, Teresa Musco, e altre ancora, ha continuato ad essere fedele a quel Cristo senza il quale non esiste una vera, autentica, civiltà umana.

   Ma io non voglio angustiare la mia gente e il mio popolo. Desidero solo indicare quel sentiero giusto e santo che è stato percorso, in tutti questi secoli, dalle anime più elette della nostra nazione, e in modo particolare da Padre io da Pietrelcina, ripetendo ciò che lui scrisse nel 1915: “Questa benedetta guerra, sì, sarà per la nostra Italia, per la chiesa di Dio una purga salutare: si risveglierà nel cuore italiano la fede, che se ne stava lì rincan­tucciata e soffocata dalle pessime voglie; farà sbocciare nella chiesa di Dio, da un terreno quasi inaridito e secco, bellissimi fiori…”.  

   “Addà passà ‘a nuttata”, diceve Eduardo De Filippo nel personaggio di Gennaro Iovine di Napoli milionaria.

   “Addà passà ‘a nuttata”, dico io come Sannita, come italiano, come cristiano, sperando di instillare in tutti voi un barlume di speranza che può essere certezza che il periodo buio che stiamo vivendo possa essere presto superato e il nostro popolo torni sulla via Maestra di una Storia di bene, e di amore. E allora potremmo tornare a ricostruire quel grande sogno della nostra Italia: la civiltà dell'amore, la Civitas Dei.