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BENEVENTO

cITTà DAI MILLE VOLTI

Un tesoro che tutto il mondo c’invidia  



L’ARCO DI TRAIANO A BENEVENTO

 

È il più bello di tutti gli archi trionfali romani e ha saputo vincere l’usura del tempo e l’incuria degli uomini. È l’arco di Traiano di Benevento, e, “come afferma giustamente lo Hamberg, «la più grandiosa e variata rappresentazione allegorica di vita politica lasciataci dall’arte romana»”.  

   

Donato Calabrese 

Guida turistico-religiosa patentata della Regione Campania


Arco di Traiano - Benevento   È il più bello di tutti gli archi trionfali romani e ha saputo vincere l’usura del tempo e l’incuria degli uomini. È l’arco di Traiano di Benevento, e, “come afferma giustamente lo Hamberg, «la più grandiosa e variata rappresentazione allegorica di vita politica lasciataci dall’arte romana»”.

   Come scrive Lino Rossi, nella sua opera Rotocalchi di pietra, l’arco di Traiano “è latore di un messaggio programmatico celebrativo che traluce in splendide forme e in esemplari sintesi allegoriche la politica economico-sociale (alimenta), la politica interna (rapporti con Roma, il Senato, l’amministrazione statale) ed estera (Germania, Dacia, Mesopotamia?), la politica commerciale, dei trasporti e dei lavori pubblici (viabilità, porto di Ostia, ponti) di Traiano; tutto nel segno della rigorosa osservanza dei valori etico-religiosi e del patrimonio tradizionale romano, propria nell’Ottimo Principe. La guerra come tale non vi ha posto, se non nella sua trasposizione conclusiva finale”.

   Dopo aver messo ordine nella regione germanica e rafforzato le frontiere renane e danubiane fino all’anno 109, quando fu certamente decreatata l’erezione del monumento, all’inaugurazione della nuova via, Traiano sviluppò l’opera di restaurazione morale e civile iniziata da Nerva, rendendo più efficiente l’amministrazione dello Stato e promuovendo un’opportuna e benefica politica economica e sociale.

  L’Arco rappresenta una vera e propria opera celebrativa del decennale di governo…. E, come afferma uno dei maggiori studiosi dell’Arco di Traiano, Mario Rotili, “si è giunti a riconoscere nel monumento l’opera organica di un grande artista, che si avvalse naturalmente di collaboratori.

   Ma chi era l’artista che creò e innalzò l’Arco di Traiano? Difficile a dirsi, perché durante l’impero gli architetti non firmavano mai la propria opera, per non offuscare il merito dell’imperatore che la ordinava. 

   Tuttavia, Lino Rossi ha scritto che l’arco venne costruito “nel più puro stile medio-imperiale romano, versomilmente per progetto e mano di Apollodoro di Damasco”, grande architetto romano, della corte dell’imperatore Traiano prima, e di Adriano poi. Ma il dubbio resta. 

   Mario Rotili offre nuova luce sul nome del Maestro che ha progettato e realizzato l’Arco di Traiano, accennando a un dettaglio presente nella parte dell’Arco rivolta a nord, precisamente nel pannello di destra sull’attico, dove è raffigurato l’imperatore che riceve l’omaggio di una provincia inginocchiata, che l’albero di quercia a sinistra e le figure allegoriche del Tisia e dell’Alutus, i fiumi di confine della regione, mostrano chiaramente essere la Dacia. Questa, inoltre, nel momento in cui compie l’atto di sottomissione , è raccomandata a Traiano da un personaggio che sembra essere L. Licinio Sura. A sinistra, sul ponte che valica il Tisia, appare Adriano con altri due togati e sul fondo si stagliano le figure di due littori. E qui, tra i loro volti, ma nettamente staccata, senza nessun nesso logico, appare una testa di aquila, vera e propria sigla del maestro, una di quelle che gli artisti ponevano clandestinamente sulle opere finanziate dallo stato che essi non potevano firmare. Perciò è stato ritenuto che l’ignoto e grande maestro si chiamasse Aquila o Aquilinus o Aquilus – nomi allora diffusi – e forse che il volto del littore a sinistra, dietro il capo di Traiano, verso il quale è rivolta la testa dell’aquila, fosse il suo autoritratto”. Questo è l’unico indizio sull’artista che ha creato questo splendido Arco trionfale innalzato in onore di Traiano.

   Cerchiamo, ora, di aiutare i Beneventani e i viaggiatori a mirare, riconoscere, e interpretare le scene raffigurate su questo magnifico Arco, giunto integro, o quasi, fino a noi.

   L’Arco di Traiano è a un solo fornice, alto 15,60 m e largo 8,60 m. Su ogni facciata quattro semicolonne, disposte agli angoli dei piloni, sorreggono una trabeazione, che sporge al di sopra del fornice. Oltre l’architrave si trova un attico, anch’esso più sporgente nella parte centrale, sopra il fornice, che presenta all’interno un vano coperto da una volta a botte.

   L’arco è costruito in blocchi di pietra calcarea, rivestiti da opera quadrata in blocchi di marmo pario (perché proveniente dall’isola di Paros, in Grecia), e presenta una ricca decorazione scultorea sulle due facciate principali, con scene che si riferiscono alla pace e alle provvidenze verso i cittadini sul lato interno, rivolto verso la città, e alla guerra e alle provvidenze dell’imperatore verso le province sul lato esterno.

   L’attico presenta al centro un’iscrizione dedicatoria: IMP[eratori] CAESARI DIVI NERVAE FILIO NERVAE TRAIANO OPTIMO AVG[usto] GERMANICO DACICO PONT[ifici] MAX[imo] TRIB[unicia] POTEST[ate] XVIII IMP[eratori] VII CO[n]S[uli] VI P[atri] P[atriae] FORTISSIMO PRINCIPI SENATUS P[opolus]Q[ue] R[omanus]

   I pannelli figurati si distinguono in tre gruppi: quelli della facciata verso la campagna e quindi verso la via Traiana, celebrano l’opera compiuta nella pacificazione e nello sviluppo delle province. Quelli della facciata opposta, verso Benevento, alludono alle benemerenze acquisite dall’imperatore verso Roma. I due pannelli del fornice, che per me sono i più belli e ricchi di vita, ricordano il rapporto di Traiano con la città di Benevento.

   Partiamo dal fornice. Il pannello di sinistra rievoca il sacrificio celebrato da Traiano nell’anno 109 a Benevento, in occasione dell’inaugurazione della nuova via, quando dovette essere decisa l’erezione dell’Arco. L’imperatore, come pontefice massimo, sta per sacrificare sull’ara. E mentre i camilli gli porgono la cassetta degli aromi, a sinistra i vittimari stanno abbattendo un giovenco.  

   A destra c’è il pannello, che almeno per me è il più bello e vivo. È il ricordo dell’estensione a Benevento, avvenuta nell’anno 101, dell’Institutio alimentaria, voluta da Nerva per aiutare i fanciulli poveri e nello stesso tempo agevolare l’agricoltura. Alla presenza di quattro matrone con corone turrite, personificazioni di Benevento e delle tre città aggregate di Caudium (l’attuale Montesarchio), e le città oggi scomparse dei Liguri Bebiani e Corneliani, si svolge la distribuzione degli «alimenti» ai fanciulli e ai genitori, cui assiste lo stesso imperatore. La scena è viva, e colpisce molto l’immaginazione la raffigurazione plastica della donna col bimbo in fasce, da una parte, e due uomini coi bambini a cavalcioni sulle spalle. Questa raffigurazione è un inno alla famiglia.

   Nel pannello del primo ordine del pilone sinistro, nella facciata verso la campagna, c’è la scena della pacificazione della Germania. Alla presenza di Giove Feretrio, l’imperatore, accompagnato dal seguito e scortato dai littori, stipula il patto di pace con il capo dei Germani, a suo volta accompagnato da altri personaggi.

   Nel pannello corrispondente del pilone destro, Traiano, seguito dai suoi ufficiali, come lui in toga, si incontra con Ercole e con due personaggi, uno recante un cavallo per la briglia, l’altro un grosso cane al guinzaglio. Il rilievo sembra alludere al possesso delle regioni danubiane cui Traiano si dedicò subito dopo la pacificazione della Germania, prima di rientrare a Roma.

   Nei due pannelli del fronte opposto, che costituiscono un’unica scena, è rievocato l’ingresso di Traiano a Roma all’inizio dell’estate del 99, ed avvenuto in semplicità. 

   In quello di destra, presso una porta, il Praefectus Urbi invita Traiano a entrare in città, mentre in quello a sinistra, dinanzi a un edificio esastilo, forse il tempio di Vespasiano, sono ad attenderlo, insieme con altra gente, i Geni del Popolo Romano, del Senato e dell’Ordine Equestre.

 Torniamo alla facciata nord, e precisamente al pannello del secondo ordine del pilone sinistra, dove sono ricordate le iniziative di Traiano per il riordinamento dell’esercito nelle province. All’imperatore circondato dai littori, Honos presenta una recluta, al cui fianco è l’ufficiale addetto alla leva, che tiene in mano la tesa per la verifica delle misure regolamentari, mentre indietro, dominante su tutti, è Roma con il diadema turrito. Nel pannello corrispondente del pilone destro è la celebrazione dell’Institutio alimentaria che Traiano estese a tutta Italia. L’imperatore, affiancato da due Virtù – Indulgentia e Felicitas presenta a Roma, al cui fianco è Marte, un bimbo e una fanciulla che si levano sulla terra arata. Nel pannello corrispondente della fronte opposta, verso la città di Benevento, è il ricordo dei benefici concessi in favore dei veterani nelle regioni del Reno e del Danubio. Una matrona con corona turrita regge con la sinistra un vessillo sormontato da cinque aquile, mentre raccomanda a traiano due legionari in congedo.

   Nel pannello del pilone destro vengono celebrate le provvidenze in favore del commercio. Sullo sfondo le immagini di Portunus, di Ercole e di Apollo, le divinità venerate nel Foro Boario stanno a denotare proprio questa zona commerciale della città. Qui Traiano, sempre scortato dai littori, riceve da tre rappresentanti dei commercianti il ringraziamento per quanto ha fatto per loro. Al di sopra del fregio che corona l’arco ci sono i pannelli dell’attico, ai lati dell’iscrizione e dedicate alle guerre vinte da Traiano. 

  Nel pannello di sinistra della fronte nord-est, che è mutilo, appaiono Liber Pater Cerere, Diana e Silvano, dei protettori della Dacia, i quali evidentemente accoglievano Traiano.

    Nel pannello di destra, che abbiamo già descritto, l’imperatore “L’imperatore riceve l’omaggio di una provincia inginocchiata, che l’albero di quercia a sinistra e le figure allegoriche del Tisia e dell’Alutus, i fiumi di confine della regione, mostrano chiaramente essere la Dacia. Questa, inoltre, nel momento in cui compie l’atto di sottomissione , è raccomandata a Traiano da un personaggio che sembra essere L. Licinio Sura. A sinistra, sul ponte che valica il Tisia, appare Adriano con altri due togati e sul fondo si stagliano le figure di due littori”.

   Veniamo ai due pannelli dell’attico di fronte alla città di Benevento: il primo, quello a destra mostra, nel campo di Marte, dinanzi al tempio del dio, Traiano seguito dai littori mentre riceve dai due consoli il decreto di concessione del trionfo, alla presenza della dea Roma, che poggia una mano sulla spalla di Adriano, e di altre due figure simboliche.

   Nel pannello a sinistra sono ad attendere l’imperatore gli dei dell’Olimpo romano. Nel tempio di Giove Ottimo Massimo in Campidoglio, tra Giunone e Minerva, alle cui spalle sono Mercurio, Cerere, Liber Pater ed Ercole, Giove porge con la destra il fulmine, ricevendo il quale Traiano diventerà suo rappresentante in terra.

  Strettamente collegate a queste sono le rimanenti sculture che presentano: sulle serraglie, o chiavi di volta dell’arco, nelle due facciate figure muliebri; nei triangoli degli archivolti, sul fronte nord-est, la sorgente del Tisia e il Genio dell’Autunno, il Danubio e il Genio dell’Inverno; in quella verso la città ci sono due Vittorie alate e i Geni della Primavera e dell’Estate. Infine al centro della volta del fornice, dal cassettonato ricco ed elegante come tutti gli altri elementi decorativi dell’Arco, è l’Incoronazione di Traiano, l’unico rilievo in cui l’imperatore appare in veste militare.

   In epoca longobarda l’Arco di Traiano venne inglobato nel lato settentrionale della cinta muraria e prese il nome di Porta Aurea; lì accanto sorse la chiesa di Sant’Ilario (in cui da alcuni anni è stato allestito il videomuseo dell’arco).

    L’Arco subì diversi restauri in seguito ai danni del tempo e dei terremoti: sotto Urbano VIII, poi nel 1661, nel 1713 e nel 1792. In particolare nel 1713, quando l’arco era utilizzato ancora come porta cittadina, si sgretolò e cadde l’architrave di marmo che serviva da battente alla porta; il consiglio cittadino allora deliberò la spesa di 212 ducati per il restauro. Nel 1850, in occasione di una visita di Papa Pio IX, per suo ordine, l’Arco venne isolato abbattendo le case che vi si erano addossate. 

   Oggi è posizionato al termine della breve via Traiana, accessibile dalla principale strada del centro storico, corso Garibaldi. È stato restaurato e parzialmente isolato dal traffico cittadino.