Padre Pio da Pietrelcina

"Uno squarcio di Cielo sul mondo"

È il paradosso di tutti i paradossi! E ciò succede soltanto qui, nel meridione e in Campania. Altrove c'è ben’altra cultura nella difesa dei luoghi che sono ambite mete di turismo religioso e di pellegrinaggi.  


 INSTALLARE UN PARCO EOLICO A PIANA ROMANA? SAREBBE LA MORTE DEL TURISMO RELIGIOSO


    Trasformare i terreni circostanti di Piana Romana, ospitando quelle pale eoliche che hanno già deturpato, con la loro invasiva presenza, il versante meridionale del Matese, significherebbe la morte del grande movimento legato al turismo religioso e ai pellegrinaggi, purtroppo rallentato a causa della pandemia. Ed io so bene quanta pressione bisogna fare con i tour operator perché ritagliato un tempo importante da riservare a Pietrelcina, nell'organizzazione dei pellegrinaggi. 


 Donato Calabrese, Storico di Padre Pio 


  Piana Romana è una delle località più ricche di attrattiva per i pellegrinaggi ed il turismo religioso. Qui c'è un’Oasi di spiritualità e di pace, santificata dalla presenza di Padre Pio, che si respira dappertutto, nella contrada, ma specialmente nella piccola cappella ubicata quasi al centro di quello che era il terreno della famiglia Forgione, e che custodisce il cosiddetto olmo delle stigmate. Nella biografia ufficiale curata da padre Fernando da Riese Pio X, è scritto che “La capanna sotto l’Olmo, come le case di Pietrelcina, è anche testimone taciturna delle vessazioni diaboliche che senza tregua hanno fatto soffrire molto il frate di Pietrelcina: “Nessuno sa quello che avveniva là di notte”, ha confidato una volta, Padre Pio . Qui, il giovane Padre Pio amava stare seduto sotto un albero verdeggiante e ricco di ombra: il celebre olmo. Qui leggeva le opere di spiritualità cristiana, particolarmente la vita e le estasi di santa Gemma Galgani, le opere di Teresa d’Avila e di san Giovanni della Croce. Qui pregava, quieto e solitario, respirando, a pieni polmoni, la pace, il silenzio, i pochi, gradevoli, rumori agresti generati dalla tranquilla vita contadina, ed interrotti solo dal cinguettio degli uccelli e dalla brezza che apportava un notevole beneficio ai suoi polmoni malati. Soprattutto qui Padre Pio faceva i suoi esercizi spirituali, tenendo come riferimento un testo di padre Gaetano da Bergamo: Il Cappuccino ritirato. È per questo legame con il suo Olmo che i familiari ed i cugini costruirono una cappella di paglia addossata all’albero, onde permettere un maggiore isolamento per il tempo che il giovane religioso cappuccino trascorreva a Piana Romana. E fu proprio nella semplice capannuccia di paglia, addossata all’olmo, che Gesù e la Madre Sua, Maria santissima, si degnarono di apparire a Padre Pio, donandogli le stigmate. Era il 7 settembre del 1910. Sei anni dopo, il 17 febbraio 1916, Padre Pio lasciò Pietrelcina per tornare definitivamente alla vita conventuale. Quarantadue anni dopo, precisamente nel 1958, su sollecitazione dello stesso Padre Pio, Mercurio Scocca, suo fedele amico d’infanzia, si fece promotore della costruzione di una cappellina dedicata a san Francesco d'Assisi, il primo stigmatizzato della storia cristiana. Abbattendo la vecchia e fatiscente capanna di paglia, e preservando l’olmo di Padre Pio, con non pochi sacrifici, Mercurio cominciò a raccogliere soldi per la costruzione della cappella, trovando aiuto anche negli altri abitanti della contrada. La cappella è situata al centro di un incantevole boschetto di giovani olivi, e custodisce il tronco ormai secco e plastificato del vecchio olmo. A Piana Romana, Padre Pio è nato Santo; è cresciuto Santo; è vissuto Santo. E qui, a Piana Romana, ha effuso quella santità che tuttora riscalda i cuori di milioni di credenti che si riconoscono nel suo inimitabile magistero di dolore e di amore. Se cercate qualcosa di bello e affascinante a Piana Romana, resterete delusi. Piana Romana intriga i cuori perché è per i figli di Dio dotati di palato fine: coloro che non cercano ciò che è effimero, solenne, appariscente. Venite a Piana Romana, ma fatevi accompagnare da persone che conoscono bene il percorso esistenziale, oblativo, spirituale e mistico, di Padre Pio. Allora, Piana Romana aprirà ai vostri occhi interiori lo scrigno dei suoi tesori: i tesori di grazie di Padre Pio. Perché qui il Cielo ha baciato la Terra. Grazie a Lui: Padre Pio da Pietrelcina. Trasformare i terreni circostanti di Piana Romana, ospitando quelle pale eoliche che hanno già deturpato, con la loro invasiva presenza, il versante meridionale del Matese, significherebbe la morte del grande movimento legato al turismo religioso e ai pellegrinaggi, purtroppo rallentato a causa della pandemia. Ed io so bene quanta pressione bisogna fare con i tour operator perché ritagliato un tempo importante da riservare a Pietrelcina, nell'organizzazione dei pellegrinaggi. C’è un episodio emblematico che dimostra come siamo ancora lontani anni luce dalla valorizzazione turistico-religiosa di Pietrelcina e di Piana Romana. Tre anni fa, prima della pandemia, venni invitato da un tour operator di Roma, a fare da guida a una famiglia spagnola, che mi aspettava a San Giovanni Rotondo. Erano tre persone e avrei dovuto accompagnarli anche a Monte Sant'Angelo. Giunto nell’hotel del Gargano, la figlia di questi due coniugi mi disse che era interessata anche a visitare Pietrelcina, ma il tour operator glie l’aveva sconsigliato, perché, a suo parere, non era importante. A questo punto io risposi: "Come biografo e storico di Padre Pio, e come guida patentata della Regione Campania, posso affermare che non si può cogliere il significato della vita e della Missione di Padre Pio senza una visita a Pietrelcina. Pietrelcina ha un ruolo essenziale e vitale per una buona conoscenza di Padre Pio, della sua vita, e del suo percorso spirituale e mistico”. Dopo questa mia reiterata insistenza, la famiglia, che era originaria del Venezuela, d’accordo col tour operator, mi chiese di accompagnarli anche a Pietrelcina. Lo feci con molto piacere, così potevo chiudere la giornata a Pietrelcina. Ma giunto nella città natale di Padre Pio, trovai un’amara sorpresa: le case, la chiesa di Sant'Anna, e l’oasi di PIana Romana, erano chiuse. Raccontai giusto qualcosa, parlando a Piana Romana. Profondamente delusa, la famiglia tornò a San Giovanni Rotondo insieme con l’autista che li accompagnava. Cosa dire di più? Io ero più deluso di loro, anche perché avevo insistito che conoscessero la città natale di Padre Pio. Sono vent'anni e più che frequento Piana Romana, abbeverandomi a larghi sorsi all'aria salubre e santa di quest’autentica Oasi dell'Infinito, valorizzata dalla presenza di Padre Pio e ancora di più dell’apparizione concomitante - evento rarissimo nelle vite dei santi - di Gesù e di Maria Santissima a Padre Pio, con il successivo Doni mistico delle stigmate. Ora, addirittura si parla di installare un parco eolico? Sembra strano che noi Guide ed operatori che siamo direttamente interessati nella valorizzazione di Pietrelcina e del Sannio, non ne sappiamo niente, né veniamo interpellati. Piana Romana è una delle principali - se non la più importante - meta di turismo religioso della nostra Provincia, e invece di installare un essenziale e decente servizio di bagni pubblici (Quante lamentele di turisti e pellegrini giungono alle mie orecchie!), si intende snaturare l’attrattiva religioso-spirituale di questa contrada assurta a fama mondiale. È il paradosso di tutti i paradossi! E ciò succede soltanto qui, nel meridione e in Campania. Altrove c'è ben’altra cultura nella difesa dei luoghi che sono ambite mete di turismo religioso e di pellegrinaggi. Mi auguro che le autorità comunali e provinciali alzino il livello di guardia su questo che si paventa come un autentico sopruso, e che, peraltro, offende fortemente, la coscienza cristiana e religiosa del nostro popolo. Per cui, parafrasando l’invito dei bravi al timoroso parroco dei Promessi Sposi, concludo dicendo: “Questo matrimonio tra Pietrelcina e il parco eolico non si deve fare”. Donato Calabrese, Storico di Padre Pio, nonché Guida turistico-religiosa di Pietrelcina e Padre Pio




“GEMELLI NON HA VISTO IN NESSUN MODO LE STIGMATE DI PADRE PIO, NÉ HA AVUTO IL TEMPO PER VERIFICARLE”. LO DICE DONATO CALABRESE, BIOGRAFO E STORICO DEL SANTO DI PIETRELCINA


 “GEMELLI NON HA VISTO LE STIGMATE DI PADRE PIO”



   Padre Pio disse: “Padre Agostino Gemelli è venuto da me accompagnato dalla signorina Armida Barelli. Ho parlato con lui per poco tempo. Ma egli non mi ha mai visitato, non ha neanche visto le stigmate. Affermare il contrario è falso e disonestà scientifica”


Donato Calabrese 


 

Il mio libro dedicato ai meravigliosi sette anni trascorsi da Padre Pio a Pietrelcina

   Torno a interessarmi dell’articolo pubblicato da don Flavio Peloso sul numero di luglio 2021 del Bollettino dell’Archivio per la Storia del Movimento Sociale Cattolico in Italia, e quindi, successivamente sul quotidiano dei vescovi italiani Avvenire, che ha fatto da cassa di risonanza a una miriade di siti, blog, giornali on line, una miriade di siti, cattolici e non, che hanno fatto copia e incolla, a pappagallo, dico io, alterando la verità e favorendo la diffusione di una narrazione non reale di una storia importante degli anni venti. È quella che vede l’incontro tra Padre Pio e padre Agostino Gemelli.

   La mattina del 18 aprile 1920, seguito da Emanuele Brunatto e dal Padre guardiano, Padre Pio si reca in sacrestia, dove incontra Gemelli. La conversazione tra loro due ha la durata di qualche minuto, non di più. A un certo punto il medico passa decisamente allo scopo della sua visita: osservare le “piaghe” del frate. Pur non provvisto di necessaria autorizzazione, esige senza mezzi termini, e sicuramente conforme al suo carattere deciso, di verificare le misteriose ferite: “Padre Pio, sono venuto per un esame clinico delle sue lesioni”. Impassibile, il frate di Pietrelcina gli domanda: “Ha un’autorizzazione...scritta?”. “Scritta no, ma... ”. “In questo caso non sono autorizzato a fargliele vedere”. Pertanto, senza aggiungere una parola, se ne va a celebrare la messa.

   Interdetto di fronte a una risposta che sicuramente non si attendeva, Gemelli lo vede allontanarsi, ma fa appena in tempo a esclamare: “Bene, Padre Pio, ne riparleremo”[1]. Dopo qualche ora l’illustre medico francescano lascia definitivamente San Giovanni Rotondo.

   Ho già presentato testimonianze autorevoli e sicure che dimostrano concretamente come Gemelli non abbia potuto osservare in nessun modo le stigmate di Padre Pio.

   Ora riporto dal voluminoso volume La Vera Storia di PADRE PIO di Enrico Malatesta, la testimonianza di Emanuele Brunatto, presente all’incontro tra Gemelli e Padre Pio. Benché fosse molto importante, non è stata da me citata in precedenza: “Quando alcuni anni dopo furono note le affermazioni, scritte e pubblicate, del Gemelli sul suo “preteso esame”  delle Stigmate di Padre Pio, andai a visitarlo nel convento di S. Antonio e gli ricordai che io stesso ero testimone del contrario. In risposta il rettore magnifico mi ammonì sui rischi cui mi esponevo affrontando un avversario della sua taglia. Mi sarei fatto stritolare…!”[2].

   A questo punto voglio aggiungere quanto ha scritto l’altro testimone della breve conversazione tra Gemelli e il Frate di Pietrelcina: padre Benedetto da San Marco in Lamis. Sollecitato a lasciare la sua personale testimonianza, padre Benedetto scrisse: “l’incontro “avvenne in sacrestia. Durò pochi minuti. Ero in un angolo lontano ed ebbi l’impressione che il padre Pio lo licenziasse come seccato. Ecco tutto”[3].

   Secondo la dichiarazione di padre Mariano Paladino (1926-1995), scritta il 2 dicembre 1983, Padre Pio stesso, negli anni 1956-1960, dichiarò: “Padre Agostino Gemelli è venuto da me accompagnato dalla signorina Armida Barelli. Ho parlato con lui per poco tempo. Ma egli non mi ha mai visitato, non ha neanche visto le stigmate. Affermare il contrario è falso e disonestà scientifica”[4].

   C’è un’altra autorevole testimonianza, che come la precedente, è riportata da padre Riccardo Fabiano, nel suo libro La Via di Padre Pio: “Negli anni 1970 padre Giovanni Aurilia da Montemarano (1940), studente all’Antonianum di Roma, dove insegnava padre Roberto Zavalloni, discepolo di padre Gemelli, fu destinatario della seguente risposta di Gemelli a Zavalloni, che confidenzialmente e privatamente gli aveva chiesto della sua posizione sullo stimmatizzato: «Ma che ti voglio dire, io le stimmate non le ho viste». Padre Giovanni Aurilia ha riferito questa frase a me, io la scrivo per voi lettori”[5].

   Come si evince dalla massiccia concordanza delle testimonianze, nei pochi minuti dell’incontro con padre Pio, Gemelli non ha potuto assolutamente verificare le cosiddette stigmate. Quindi, appare ben definita la realtà storica dei fatti accaduti nel lontano 1920.

   Gemelli non è nuovo in pronunciamenti fatti per tirare acqua al suo mulino. Ma puntualmente le sue asserzioni vengono smentite da altri studiosi. Difatti, in concomitanza con il settimo centenario delle stigmate di San Francesco d’Assisi, Gemelli pubblica su Studi Francescani e Vita e pensiero, un articolo dal titolo: “Le affermazioni della scienza sulle stigmate di San Francesco”. Facendo leva sulla consapevolezza della propria competenza scientifica, Gemelli afferma che “il solo vero stigmatizzato della Chiesa è stato San Francesco, e con le debite riserve, Santa Caterina da Siena. Tutti gli altri «non sono che un prodotto di origine isterica» ”[6]. Chiaro l’intento di demolire la presunta soprannaturalità delle stigmate di Padre Pio.

   A tale studio risponde il gesuita padre Gervasio Celi, e dalle pagine dell’autorevole rivista

La Civiltà Cattolica

, definisce “inesatte e imprudenti” le affermazioni di Gemelli, ricordando che dopo Francesco d’Assisi,

la Chiesa

ha elevato altri sessanta stigmatizzati agli onori degli altari.

   L’articolo della rivista dei Gesuiti ne promette un secondo per concludere il discorso. Ma la continuazione non esce in stampa. Qualcuno ha pensato, e non a torto, che scottato dalla prima puntata, padre Gemelli si sia dato da fare per fermare la seconda[7].

   Vent’anni dopo, attaccato dal gesuita padre Cirillo Martindale[8], Gemelli si difenderà con queste parole: “Io ho esaminato accuratamente padre Pio e le sue stimmate. Durante questo esame era presente il padre provinciale”[9]. Ma, come si evince dalla testimonianza scritta di padre Benedetto, e da quella di Brunatto, nei pochi minuti dell’incontro con padre Pio, Gemelli non ha potuto assolutamente verificare le lesioni di Padre Pio.

   Sommando, poi, ciò che lo stesso Gemelli disse confidenzialmente a padre Zavalloni (Ma che ti voglio dire, io le stimmate non le ho viste!”), affermare che Gemelli abbia visitato ed esaminato le stigmate di Padre Pio significa solo “arrampicarsi sugli specchi”. La storia è una cosa, e la fantasia è un’altra cosa. Non vi può essere alcuna correlazione tra storia e fantasia, a meno che non entrano in gioco altri fattori. In tal caso io mi fermo solo alla realtà delle cose, e non vado oltre, nella speranza che in quell’«oltre» ci sia lo spazio per quello Spirito che è l’anima vitale della Chiesa di Cristo.

   In chiusura di questo mio scritto, torno al quotidiano Avvenire che, nell’articolo scritto da don Flavio Peloso, afferma che «Padre Gemelli non fu un “bugiardo”: vide davvero le stimmate di padre Pio». Questa, sarebbe la «novità ora emersa», consistente in «una dettagliata relazione al Sant’Uffizio datata 6 aprile 1926.

   Su questa terza relazione, scritta da Gemelli, si sofferma Angelo Mischitelli, autore del libro Padre Pio, un uomo un santo. Secondo lui, in questa relazione c’è un punto in cui (Gemelli) concorda con le testimonianze dei frati ed è ciò che  “inficia tutto il testo, ossia il P. Gemelli fa riferimento al segretario del vescovo di Foggia, che viene citato per nome e cognome dai frati come componente della comitiva della prima visita: da ciò si deduce che la visita sia stata una sola, quella effettuata il 18 aprile 1920.

   E allora – continua Mischitelli – il padre Gemelli ne esce non ridimensionato, ma addirittura distrutto nella onestà intellettuale e serietà scientifica: afferma esplicitamente il falso , usa materiale non suo  per descrivere le piaghe di Padre Pio.

   La sua difesa, o, meglio, la sua terza relazione, quindi, risulta fasulla”[10].

   Questo articolo raccoglie testimonianze che integrano e completano quelle da me inserite negli articoli precedenti, e dimostra, ancora una volta, che padre Gemelli non ha visto in nessun modo le stigmate di Padre Pio, né ha avuto il tempo di verificarle.

   

 

 



[1] Testimonianza pubblicata, con altre che la confermano, in G. Pagnossin, Il Calvario di Padre Pio, t. I, pp. 203 ss. in Yves Chiron, Padre Pio, una strada di misericordia, Ed. Paoline Milano, 1997, 152.

[2] Enrico Malatesta, La Vera Storia di Padre Pio, Edizioni PIEMME Casale Monferrato (AL), I Edizione 1999, 169s..

[3] Padre Benedetto da San Marco in Lamis, Lettera a padre Luigi d’Avellino, 16 luglio

1932, in

Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 161.

 

[4] Riccardo Fabiano, La Via di Padre Pio, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 2013, 216.

[5] Riccardo Fabiano, La Via di Padre Pio, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 2013, 218-219.

 

[6] Renzo Allegri, A Tu per Tu con Padre Pio, Arnoldo Mondadori Editore, III edizione, dicembre 1995, 109.

[7] Cfr. Alessandro Pronzato, Padre Pio un Santo scomodo, Gribaudi, seconda edizione settembre 2002, 48.

[8] Sulla rivista Month di Londra aveva accreditato le stimmate di Padre Pio (Padre Pio da Pietrelcina, in The Month, vol 7, 1952, n.6, pp.348-357 [particolarmente le pp.352 s.]),

[9] Agostino Gemelli, Lettera a padre Martindale, in Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, 1996, 161-162.

 

[10] Angelo Maria Mischitelli, Padre Pio un uomo un santo, Leone editrice, Foggia, 2002, 221.

 




Ecco il vero volto di Padre Pio da Pietrelcina. Ce lo rivela Donato Calabrese, biografo del Santo e appassionato di spiritualità e di mistica cristiana

 

 IL MIO LIBRO: PADRE PIO

“Sono un Mistero a me stesso”

“Credo di essere partito da un’ispirazione, un desiderio profondo, di portare alla luce il vero volto, la dimensione spirituale e mistica, la purezza di cuore, e il candore di Padre Pio da Pietrelcina, recuperandone l’autentico  afflato spirituale, mistico, e oblativo, per porgerlo con tutta la variegata bellezza e ricchezza della sua anima e dei suoi carismi, a ogni uomo che cerca la verità di Dio rivelato in Gesù Cristo e presente “quasi in trasparenza” nelle cose straordinarie avvenute sul Gargano nei 52 anni ivi trascorsi da Padre Pio da Pietrelcina”.


Donato Calabrese

   Donato Calabrese, hai voluto scrivere questo lavoro (206 pagine) che è il seguito del precedente: Padre Pio Sette anni di mistero a Pietrelcina, edito dalle Paoline. Cosa può averti mosso a scrivere questo nuovo libro su Padre Pio da Pietrelcina?

    Credo di essere partito da un’ispirazione, nel senso che non potevo non notare, in tutti questi anni, quanto fosse stata deformata l’immagine di Padre Pio dai mezzi di comunicazione sociale. Si parla di lui sempre in modo sbagliato, perché Padre Pio fa sempre notizia, anche quando si dicono cose inesatte, e a volte ingiuste, sul suo conto. Quindi credo di essere partito da un’ispirazione, un desiderio profondo, di portare alla luce il vero volto, la dimensione spirituale e mistica, la purezza di cuore, e il candore di Padre Pio da Pietrelcina, recuperandone l’autentico  afflato spirituale, mistico, e oblativo, per porgerlo con tutta la variegata bellezza e ricchezza della sua anima e dei suoi carismi, a ogni uomo che cerca la verità di Dio rivelato in Gesù Cristo e presente “quasi in trasparenza” nelle cose straordinarie avvenute sul Gargano nei 52 anni ivi trascorsi da Padre Pio da Pietrelcina.

    -  Nella sua stesura definitiva, il libro appare formato da 206 pagine. Sono molte o sono poche per un personaggio come Padre Pio?

    La bozza originale superava le 480 pagine. Un po' troppe, anche se Padre Pio meritava molto di più. Allora ho pensato di offrire ai lettori un’opera divulgativa, accessibile a tutti, perché ogni uomo di buona volontà possa scoprire la Presenza di Dio in un secolo buio, come quello trascorso. Quindi, ho cercato innanzitutto di far emergere l’autentico volto di Padre Pio, con la Sua genuina personalità umana, religiosa e mistica, non tralasciando un aspetto abbastanza trascurato nelle biografie, ma che appartiene tipicamente al suo carattere più autentico: le radici sannitiche e cristiane armoniosamente fuse in uno dei fiori più belli e profumati della creazione. Ho voluto prendere in esame colui che può essere considerato l’alpinista, o meglio ancora, il sestogradista delle grandi vette dell’ascesi e della mistica cristiana, il martire di Dio che all’abbondanza di doni divini ricevuti, ha risposto con il suo nudo patire il nudo amare, l’Alter Christus trasverberato e stigmatizzato, e quindi l’anima riparatrice, l’uomo di Dio contrassegnato da una grande varietà di carismi che ha messo sempre disposizione delle anime, e appunto l’apostolo del confessionale. E poi, il taumaturgo per mezzo del quale Dio ha operato eventi sensazionali, grazie senza numero, e miracoli strepitosi sul Gargano e nel mondo.

    -  Hai parlato di martire di Dio. In che termini hai considerato le grandi prove vissute da Padre Pio negli anni venti e trenta, e poi ripetute nel decennio precedente la sua morte?

   -  Quelle che ho chiamato persecuzioni appartengono a due tempi molto importanti della vita di Padre Pio sul Gargano. Io sono un umile figlio della Chiesa Cattolica, ma non posso chiudere gli occhi davanti all'evidenza della verità storica. Per tutta la sua esistenza Padre Pio non ha sofferto solo vessazioni diaboliche, malattie e infermità, ma anche calunnie, percosse morali, e umiliazioni da parte di prelati, religiosi, e finanche qualche vescovo. Alcuni di essi operavano per conto di quelle istituzioni ecclesiali che lui tanto amava dicendo: “La Chiesa è Madre, anche quando percuote”. Quindi, per rispetto della verità storica bisogna dirle queste cose. Scorrendo i nomi di coloro che gli hanno fatto del male, il lettore non può non provare sorpresa, se non sconcerto, trattandosi di figure eminenti della Chiesa Cattolica del tempo in cui le vicende sono avvenute. È una storia che coinvolge in negativo vari sacerdoti, religiosi, e finanche vescovi. I primi furono padre Agostino Gemelli, il vescovo Pasquale Gagliardi, alcuni canonici regolari di San Giovanni Rotondo. E, dopo qualche decennio, il vescovo di Padova Girolamo Bortignon, don Umberto Terenzi di Roma, il Visitatore apostolico mons. Maccari, e tanti altri. Ma questi non sono i protagonisti assoluti degli attacchi che convergevano su Padre Pio. Senza esserne pienamente consapevoli e per vie diverse, sono stati assoggettati al protagonista assoluto di tutta la storia  terribile che rientra nel mistero del Frate stigmatizzato di Pietrelcina. Sembra anacronistico e fuori luogo ciò che sto per dire, ma in questi casi il protagonista assoluto di quelle che vanno considerate come persecuzioni è stato un altro: Satana. Occorre una fede semplice e robusta, corroborata da una visione teologica della Storia del secolo appena trascorso per comprendere che se da una parte le sofferenze inaudite di Padre Pio erano volute da Dio per renderlo in tutto simile al Cristo Crocifisso e quindi partecipe come protagonista di primo piano nel “supremo negozio” della redenzione umana, dall’altra parte Satana ha orchestrato un piano di estrema scaltrezza ed ingegnosità, servendosi persino di chi opera nel bene ed a fin di bene per cercare di abbattere questo sacerdote “Altro Cristo”. Era troppo pernicioso, per l’angelo ribelle, il ministero sacerdotale di Padre Pio. A San Giovanni Rotondo si è ripetuto per oltre cinquant'anni il terribile scontro tra il bene ed il male, avvenuto qualche secolo prima ad Ars, dove un umile e povero curato di campagna conduceva la sua efficientissima battaglia contro il male riconciliando con il Dio della misericordia frotte e frotte di peccatori che da tutta la Francia andavano da lui. Era San Giovanni Battista Maria Vianney, meglio conosciuto come il Santo Curato d'Ars. Un nemico implacabile di Satana e del male, e per questo continuamente vessato da lui. Proprio come avverrà qualche secolo dopo  con il Santo cappuccino di Pietrelcina. Satana scatenerà tutta la sua diabolica intelligenza contro di Lui, perché colpevole solo di essere un’umile e icàstico strumento dell’amore e della misericordia di Dio.  Ma tutto rientra nel mistero di Padre Pio. Lui fa esperienza nuda e cruda della terribile lotta tra bene e male, tra Dio e Satana, tra le attese nascenti di un popolo cristiano che in lui riscopre il mistero d’amore del Creatore che vuole dare al mondo un segno forte e tangibile della sua Presenza, e l’azione dello spirito del male nel secolo degli errori e degli orrori. E Padre Pio da Pietrelcina è stato proprio al centro di questo campo di battaglia tra Dio e il male, tra la luce e le tenebre, tra il Redentore e il tentatore dell’essere umano. Una lotta che ha visto Padre Pio protagonista assoluto, come gli aveva anticipato Cristo in visione, prima di partire, a sedici anni, per il convento di Morcone, dove avrebbe iniziato la vita religiosa cappuccina.  Ecco  la chiave per interpretare il mistero che ha avvolto Padre Pio per tutto il tempo della missione. Un mistero di dolore e di amore, nel quale si è trovato pienamente coinvolto perché come “un maccherone senza sale”, ha donato tutto sé stesso, offrendosi vittima d’amore e di dolore, a quel Gesù che gli aveva anticipato già a Pietrelcina la sua vocazione oblativa: “Figlio mio, l’amore si conosce nel dolore, lo sentirai acuto nello spirito, e più acuto ancora lo sentirai nel corpo”. Confidando di essere un mistero a sé stesso, nei primi anni della sua missione sacerdotale, Padre Pio aveva dischiuso la porta del suo cuore consacrato ed indiviso, integralmente proiettato verso Cristo Gesù, Sommo Diletto della sua anima. La luce che promanava dall’uscio appena socchiuso lasciava intravedere un barlume di speranza e di bene che si è irradiato  mirabilmente sul mondo intero.

 -  Come ti poni di fronte agli altri autori che si sono cimentati con la vita di Padre Pio?

   Ho un grande rispetto per tutti gli autori che ho citato nel  mio libro, e specialmente per Yves Chiron che ha analizzato profondamente i periodi più tormentati della vita di Padre Pio. Ma io credo che per due motivi essenziali, il mio libro vada diritto al cuore del mistero di Padre Pio. Innanzitutto perché io sono un Sannita come lui, e prima di scrivere mi sono imbevuto profondamente del suo habitat natio, sentendomi molto legato a Pietrelcina, e soprattutto, a Piana Romana. Poi ci sono due particolari della vita di Padre Pio che io credo di poter tratteggiare fedelmente più di tutti i biografi: la sua spiritualità della croce, e l'essere quasi "come un bambino". Per quanto riguarda la prima, voglio ricordare che io sono un uomo del patire e per quasi 40 anni ho fatto parte di un movimento cristiano di valorizzazione della sofferenza, come il Centro Volontari della Sofferenza, fondato dal beato mons. Luigi Novarese. Quindi ho sentito come mia la scelta oblativa del nostro Santo, trovando connaturale con lui la mia vocazione all'amore verso Dio per mezzo della croce. Una vocazione altissima, ma difficile da vivere. Io fisicamente, e anche sotto alcuni aspetti psicologici ed emotivi, sono come un ragazzo (La mia malattia si chiama infantilonanismo ipofisario) e solo le rughe tradiscono la mia vera età. Quindi, nessuno poteva inquadrare  più di me un elemento poco conosciuto della personalità di Padre Pio: la semplicità, il candore, l'innocenza, l'orrore del peccato, tanto che padre Agostino arrivava a dire di lui: "Sembra quasi un bambino". Ed è questo carattere istintivo e puro, semplice e genuino, a tratti infantile e candido, insieme con la sua risposta generosa a Dio, nel dolore, che ha trasformato Padre Pio da Pietrelcina in uno dei Santi più straordinari e amati della Cristianità.

  - Che spazio dedichi alle stigmate, nel tuo libro?

  - Molto spazio. Sulle stigmate di Padre Pio si parla molto e incautamente, dimostrando una certa superficialità di giudizio. Dal profumo che emanavano e da come fossero scomparse senza lasciare alcuna cicatrice, con la morte di Padre Pio, emerge una realtà già dimostrata a suo tempo dal dott. Giorgio Festa: le stigmate sono di origine soprannaturale.

   - Padre Pio ha operato tantissimi miracoli. Ne parli nel tuo libro?

   - Sicuro. Perciò io presento Padre Pio come un Segno di speranza e di fede  nella Presenza di Dio, nel secolo più buio della nostra storia. Due terribili guerre, i genocidi degli armeni e degli ebrei, le bombe atomiche di Hiroshim e Nakasaki, gli opposti ateismi nazisti e comunisti che hanno fatto soffrire e morire milioni di esseri umani. C’era il rischio di chiedersi: “Dov’era Dio”. Dio ha operato miracoli straordinari per mezzo di Padre Pio. Miracoli di guarigione inspiegabili secondo la ragione. Ne cito solo alcuni di quelli raccontati nel mio libro: la guarigione di Pasquale Di Chiara, di 36 anni, cancelliere della pretura di San Giovanni Rotondo. Quella di Pasquale Urbano di 62 anni, di Foggia. Una delle guarigioni più straordinarie è stata sicuramente quella di Francesco Vicio di 75 anni. Piccolo e deforme, si muoveva carponi, con il mento quasi a terra. Un giorno Padre Pio gli disse: “Alzati e cammina!”. Si alzò e da allora camminò eretto. La contemporanea bilocazione e guarigione di suor Teresa Salvadores, avvenuta nel lontano Uruguay. La religiosa soffriva di un cancro allo stomaco. E, per venire all’ultimo decennio della sua vita, quella di Wanda Poltawska, istantaneamente guarita da un cancro alla gola. Questi sono i casi di guarigione impossibile da spiegare da parte della scienza medica. Eppoi ci sono le bilocazioni, il profumo, le apparizioni soprannaturali, la preveggenza: Padre Pio già sapeva, per esempio, come sarebbe terminata la seconda guerra mondiale. E poi tante, tante meraviglie operate da Dio per mezzo dell’umile frate di Pietrelcina.

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Aggiornato al  28 febbraio 2023


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