Padre Pio da Pietrelcina

"Uno squarcio di Cielo sul mondo"

Elia Stelluto, il fotografo di Padre Pio, di San Giovanni Rotondo 

Elia e la sorella Maria 

UNA STORIA MERAVIGLIOSA 

    Degno figlio spirituale di Padre Pio, avendogli anche servito tantissime volte la Santa Messa, Elia è ora un umile e semplice strumento di bene. Un uomo che sa coniugare, nella sua singolare missione di missionario del Frate di Pietrelcina, la modestia, l’umiltà e la semplicità del suo discepolato spirituale, con la competenza professionale accumulata in tutti questi anni di attività fotografica e filmica. 



   E’ con grande piacere che spero di far conoscere, a coloro che non lo conoscono, il mio carissimo amico Elia Stelluto, di San Giovanni Rotondo, qui fotografato insieme con la sorella Maria, guarita da un male incurabile grazie alla potenza dell’intercessione di Padre Pio. Tutti coloro che hanno frequentato, al tempo di Padre Pio, il convento cappuccino di San Giovanni Rotondo, hanno conosciuto Elia Stelluto, il fotografo che ha scattato migliaia di fotografie a Padre Pio, durante i tanti momenti della sua giornata. Frequentando il fotografo Abresh che abitava all’inizio del viale dei cappuccini, il giovane Elia entrava ed usciva dal convento, scattando migliaia di foto a Padre Pio, ed immortalando le sue straordinarie espressioni mistiche, specialmente durante le celebrazioni eucaristiche. Possiamo dire che le migliaia di fotografie da lui scattate, ed i video realizzati in seguito – come quello dell’ultima Messa di Padre Pio - costituiscono quasi un Quinto Vangelo della conoscenza mediatica del Frate di Pietrelcina. Degno figlio spirituale di Padre Pio, avendogli anche servito tantissime volte la Santa Messa, Elia è ora un umile e semplice strumento di bene. Un uomo che sa coniugare, nella sua singolare missione di missionario del Frate di Pietrelcina, la modestia, l’umiltà e la semplicità del suo discepolato spirituale, con la competenza professionale accumulata in tutti questi anni di attività fotografica e filmica. E allora, anche per farvi conoscere meglio l’amico Elia Stelluto, ho il piacere di riportare a voi alcune interessantissime testimonianze da lui rilasciate a me personalmente. “Già dai primi tempi, nel 1916, quando Padre Pio si recò a Foggia, si parlava molto a San Giovanni Rotondo di questo giovane frate che era già considerato un'anima straordinaria. Già alcuni abitanti di San Giovanni lo avevano conosciuto a Foggia, per cui la voce della sua santità si era diffusa sul Gargano prima del suo arrivo. Quando Padre Pio da Foggia arrivò a San Giovanni Rotondo, immediatamente la voce si diffuse per tutto il Gargano. Tutti i cittadini di San Giovanni andavano al convento e cominciarono, così, i primi pellegrinaggi per conoscerlo, confessarsi da lui e comunicarsi. La popolazione aveva accettato subito Padre Pio come un figlio che, negli anni, divenne un Padre. Nei tempi tristi della guerra ogni cittadino si preoccupava per sopravvivere alla vita di stenti. Questi sacrifici accrescevano, nella popolazione, uno spirito di umiltà, e quindi un clima fortemente evangelico. E nonostante le precarie condizioni economiche del paese, quando Fra Costantino, il monaco questuante del convento, girava per le case di San Giovanni, tutti davano qualcosa per Padre Pio. Chi dava un uovo, chi un po' di pollo, una patata, il pomodoro, del formaggio o un pezzo di pane. E fra Costantino riferiva sempre a Padre Pio della generosità della popolazione, citando i benefattori, nome per nome. Quando, agli inizi degli anni trenta, Padre Pio venne segregato dalle autorità vaticane, il popolo di San Giovanni Rotondo condivise pienamente le sofferenze del frate. Tanto è vero che il potestà Francesco Morcaldi organizzò subito delle assemblee popolari con le quali esprimeva la piena solidarietà al Frate stigmatizzato. E così Morcaldi si dette molto da fare per liberare Padre Pio , prendendo contatti con Emmanuele Brunatto, con il quale era amico. Tutto l'impegno di Brunatto era sostenuto dalla popolazione di San Giovanni Rotondo. E, difatti, anche grazie all'intervento del Brunatto, Padre Pio uscì dal periodo di segregazione”. 

 LA VITA DI ELIA STELLUTO E LA SUA VICINANZA A PADRE PIO 

 “Negli anni quaranta io frequentavo molto il convento. Ero ragazzo e andavo spesso dai frati, sia per servire la Santa Messa che per mangiare qualcosa in convento, perché erano tempi duri ed i frati ci davano sempre qualcosa. Non posso mai dimenticare Padre Agostino da San Marco in Lamis (Il padre spirituale di Padre Pio n.d.r.) che sembrava burbero, ma in realtà con noi ragazzi era tanto dolce. Infatti la prima cosa che fece fu quella di farci imparare la dottrina cristiana. E' in questi momenti che ho conosciuto Padre Pio ed ho cominciato ad andare e venire dal convento di San Giovanni Rotondo. Un giorno, dopo aver servito la Messa, eravamo in giro per il convento, e non c'era niente da mangiare. Neanche i Padri cappuccini avevano da mangiare. Anche per loro era una giornata nera. Andando via verso il paese (era primavera e i mandorli già davano i frutti teneri), ci fermammo poco lontano dal convento e, vicino ad una bacheca dove c'era l'immagine di Padre Pio appartenente al fotografo Abresh, ci mettemmo a mangiare le mandorle fresche. Ad un certo momento uscì una signora rimproverandoci del fatto che stavamo rubando delle mandorle. Io risposi subito che non stavamo rubando, ma mangiando. Lei ci disse: "Non vi rendete conto che le mandorle sono amare?". Io risposi:"Boh!". Tanta era la fame che non ci eravamo resi conto del sapore. Allora la signora ci disse di scendere gli scalini verso il piano sottostante. Timidi ed impauriti ci preoccupammo: pensavamo che la signora chiamasse i carabinieri o ci desse delle botte. Invece fu tanto gentile e ci dette un pezzo di pane con un po' di zucchero. Per noi fu una giornata di festa. Poi entrammo in casa e vedemmo che era un negozio ( il primo negozio di souvenir dedicato a Padre Pio, n.d.r.). Abresh, il titolare, aveva delle foto bagnate da fare asciugare su un tavolo. La signora disse a me personalmente: " Cosa fate durante il giorno?" "Vagabondo per il paese", risposi. Purtroppo per la guerra le scuole erano chiuse per accogliere gli sfollati di Foggia, duramente bombardata dagli Alleati. Allora la signora mi chiese se ero disponibile a comprare qualcosa, per suo conto, nelle case private, perché non c'erano negozi a San Giovanni e la casa di Abresh era distante tre chilometri dal paese, al quale era collegata da una mulattiera. Allora cominciai a frequentare Casa Abresh, cominciando a imparare l'arte della fotografia che mi appassionava molto. Dopo un po' comprai una modesta macchina fotografica con la quale cominciai a scattare foto a Padre Pio nel convento, cosa proibita tassativamente a tutti i fotografi professionisti, compreso il mio maestro Abresh. Quando Padre Pio mi vide per la prima volta con la macchina fotografica, mi chiese: "Guagliò, chev'è chella macchina?", (ragazzo, che cos'è quell'aggeggio?". Gli risposi che era una macchina fotografica e subito cominciai a scattargli le prime fotografie. e, dopo averle sviluppate e stampate, il giorno dopo le mostrai al Padre, il quale mi disse apertamente che alcune foto non gli piacevano. Il mio maestro, Abresh, era invece contentissimo del fatto, perché le foto erano bellissime. Quindi tutti i giorni io frequentavo il convento e scattavo tante foto, giocando con la macchina fotografica che lo stesso Padre Pio prendeva spesso in mano, per vederla. Io ero un adolescente ed Abresh era contento in quanto riusciva ad arricchire, così, tramite le foto che io scattavo, il suo archivio fotografico”. LA STORIA DEL FLASH “Un giorno il mio maestro Abresh mi disse di scattare una foto a Padre Pio durante la Santa Messa, e precisamente al momento della benedizione. In compenso mi avrebbe dato 5000 lire. Io, che allora guadagnavo 500 lire al mese, gli dissi di cominciare a preparare i soldi. Preparai il flash con la macchina fotografica e mi misi d'accordo con le Pie donne (così erano soprannominate le figlie spirituali di Padre Pio, n.d.r.) e la mattina presto mi misi in prima fila a destra dell'altare di San Francesco (nella chiesa piccola). Giunto il momento della benedizione, Padre Pio benedisse l'assemblea alzando la mano senza i guanti, perché durante la Messa egli non li usava. In questo momento scattai la foto a circa un metro e mezzo di distanza dal Padre. Sentii un urlo improvviso ed un grido: “Chiamate i carabinieri!.....Chi è quello lì?.....”. Mortificato nel vedere Padre Pio arrabbiato, era la prima volta che lo vedevo così sconvolto, mi impaurii e caddi in uno stato di mortificazione. Tutte le Pie donne si meravigliarono della reazione del Frate verso di me, perché sapevano benissimo i rapporti confidenziali che c'erano tra me e Padre Pio. Allora io subito andai in sacrestia per baciare la mano come tutti gli altri giorni (si baciava la mano, senza i guanti, sopra e sotto le stigmate: il Padre lo permetteva a noi ragazzi) e gli dissi: “Padre, scusami, non sapevo che ti arrabbiavi tanto per una foto”. Al che lui rispose: “Ah! Sei tu quello che ha fatto quella luce?”. “Si Padre”, gli dico. E lui vedendomi così mortificato, tirandomi su anche di morale, con una grande dolcezza, mi disse: “Fanne quante ne vuoi, senza quel mastrillo (il flash, n.d.r.), perché potrei anche cadere a terra (il flash lo impressionava molto, n.d.r.). Gli risposi: “Padre, è impossibile fotografare senza quel mastrillo. Tu sei esperto nei miracoli, della messa, nel convertire le anime, nel confessare; ma non sei un fotografo”. E lui mi ripete: “Tu fanne quante ne vuoi senza quel mastrillo”. Aggiunsi: “Padre stai tranquillo che non vengo più a fare fotografie. E lui ancora: “Fanne quante ne vuoi senza quel mastrillo (il flash, n.d.r.). Così, finita l'arrabbiatura ci salutammo come tutti gli altri giorni. Il giorno stesso, nel tardo pomeriggio, Abresh mi chiamò per fare un servizio fotografico ad una prima comunione in convento. Io gli dissi di no, perché la mattina avevo fatto arrabbiare Padre Pio. "Se vuoi andare, vacci tu, perché non voglio fare più arrabbiare Padre Pio". La sera mi venivano in mente le parole di Padre Pio pensando che se le foto senza il flash non venivano, avrei potuto rimproverarlo dicendogli che senza quel “mastrillo” le foto non erano venute. Senonché il giorno dopo, scattai le foto senza flash, a lume di due candela. Andai subito a svilupparle e, con sorpresa, vidi che le foto erano uscite belle. A quei tempi non c'erano le tecniche di oggi (bassa sensibilità delle pellicole), e così mi resi conto che anche Pio.........era fotografo. La foto che fece arrabbiare il Padre è una delle più belle ed è quella che lo ritrae benedicente all'altare San Francesco della chiesetta conventuale, mentre dietro di lui si intravede l'altare addobbato con i garofani bianchi. La foto è rimasta immortalata in quanto è ricordata con l'immagine di Padre Pio benedicente sullo sfondo dei garofani. Io, intanto, per l'arrabbiatura, rinunciai alle 5000 lire, mandando al diavolo il mio maestro”. 

Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano

 Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano: “Egli si immolava ogni giorno in unione con Gesù per la salvezza del mondo, non soltanto pregando ininterrottamente e facendo sacrifici continui, ma prendendo su di sé tutti i peccati che gli confessavano. Questo suo trovarsi faccia a faccia con il peccato, con tutte le miserie del mondo, ha costituito per lui un peso gravoso, immane, ma l'ha portato con grande amore ed eroica abnegazione abbandonandosi, come diceva, “al cuore di Gesù” e alla “misericordia” del Padre Celeste. (Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, riportato in Padre Pio, un santo in mezzo a noi, supplemento di Famiglia Cristiana, n. 37 del 19/9/99, p. 120) 

Padre Raniero Cantalamessa

 Padre Raniero Cantalamessa: “Se tutto il mondo corre dietro a Padre Pio - come un giorno “correva dietro” a Francesco d'Assisi - è perché intuisce vagamente che non sarà la tecnica con tutte le sue risorse, né la scienza con tutte le sue promesse, a salvarci, ma solo la santità. Che è poi, come dire: l'amore”. (Padre Raniero Cantalamessa, riportato in Padre Pio, un santo in mezzo a noi, supplemento di Famiglia Cristiana, n. 37 del 19/9/99, p. 119)) 

Padre Eusebio Notte

 Padre Eusebio Notte, cappuccino (ha assistito per cinque anni Padre Pio): “Dopo i miei studi in Inghilterra e in Irlanda, fui destinato a San Giovanni Rotondo per sbrigare la corrispondenza in inglese: oltre mille lettere alla settimana. Prima di allora con Padre Pio nessun contatto, eccetto qualche fugace incontro per una benedizione. Desiderando di confessarmi con Padre Pio per non inciampare nei suoi rigori, ricorsi a un trucco: andai a confessarmi da un altro sacerdote. Successivamente mi applicai a costruire una santità di... facciata, in attesa di presentarmi a lui. Arrivò il fatidico momento. Tremante feci l'accusa dei miei peccati (ne avevo insolitamente pochi) e mi misi in attesa della sentenza, che tardava a venire. Poi improvvisamente una domanda precisa: “Guagliò (ragazzo, n.d.a.), ma tu hai ringraziato mai il Signore per esserti fatto frate?”. Risposi: “Padre non ci ho pensato”. E lui: “Pensaci e ringrazialo, perché se non ti facevi frate saresti uscito un... delinquente!”. Questo perché ero corso ai ripari prima. Figuriamoci... Una volta la situazione si capovolse. Volle lui confessarsi da me. Al mio tentativo di scapparmene (ero giovanissimo), lui cominciò: “Confiteor Dei onnipotenti...”. Fui costretto a fermarmi. Terminata l’accusa dei peccati, accadde qualcosa che mi sconcertò profondamente: Padre Pio scoppiò in un pianto dirotto. Per consolarlo, tentai di dirgli che non era proprio il caso, data l'esiguità delle sue colpe. Allora intervenne lui: “Figlio mio, tu pure pensi che il peccato sia la trasgressione di una legge. No! Il peccato è il tradimento dell'amore. Cosa ha fatto il Signore per me, e che faccio io per lui?...”. (Padre Eusebio Notte, in Jesus, mensile di cultura ed attualità religiosa, aprile 1999, p. 65) 

L'OSSERVATORE ROMANO

 L'OSSERVATORE ROMANO: Concluso alla Pontifica Università Regina Apostolorum il convegno su Padre Pio HA INSEGNATO IL LINGUAGGIO DEL CUORE E DELLA PREGHIERA Un uomo umile e coraggioso, un frate obbediente sia al Signore che alla Chiesa e un presbitero che insegna ai suoi figli spirituali il linguaggio del cuore e della preghiera. Questo è il ritratto del beato Padre Pio da Pietrelcina che emerge dal convegno "Padre Pio: L'uomo, il cristiano, il santo" conclusosi mercoledì 10 aprile presso l'Università Pontificia Regina Apostolorum di Roma. (.............................) "Padre Pio aveva un forte bisogno di conforto morale e di compagnia sia spirituale che fisica - ha spiegato Padre Eusebio Notte (uno dei relatori al convegno n.d.a.). Egli insegnava che il peccato più grave non è quello di trasgredire la legge, bensì quello di tradire e di negare l'amore. Questa esigenza di amore è l'aspetto più umano e allo stesso tempo più santo del beato. Il suo amore incondizionato al Crocifisso e il coraggio di condividere con Gesù la sua passione è la più elevata espressione del legame che unisce l'uomo a Dio...". L'ARTICOLO COMPLETO è stato pubblicato sul numero di Venerdì 12 aprile 2002 dell'OSSERVATORE ROMANO 

LA Civiltà Cattolica

LA CIVILTA' CATTOLICA: “I temi dominanti della sua [di Padre Pio] spiritualità sembrano essere una sintesi di più filoni. Quello carmelitano [...], quello francescano e cappuccino in particolare, ma anche il filone mistico che in generale si risveglia prepotente tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Il tutto confluisce nella sua specifica personalità e da questa viene elaborato e personalizzato. Sembra che l'elaborazione ruoti intorno a temi topici: il sogno iniziatico, l'infanzia di Gesù, la corporeità di Gesù e di Maria, le piaghe e il sangue, il peccato, la sofferenza, la riparazione, il proporsi come vittima, la corredenzione, l'espiazione, il "vissuto mistico" secondo gli stadi individuali del carmelitani, l'“io” come oggetto passivo dell'amore divino”. 

 L'ARTICOLO COMPLETO è stato pubblicato sul numero 3670 del 17 maggio 2003 della CIVILTA' CATTOLICA. 

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Aggiornato al  28 febbraio 2023


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